Tutta la colonna C è accesa, di certo corrisponde alle cucine. Una cucina sotto l'altra, impilate come tazzine. La scuola di fronte è spenta da due giorni. Il lampione davanti ha la luce arancio, quello un po' dietro ha una luce rosa. La colonna A con balcone è intermittentecome le insegne dei film e le lucette comprate ai cinesi. Solamente quelli del quinto piano fanno festa. Gli altri, e io, e il covo di formiche dalle belle speranze, aspetta.
La domenica sera, in periferia, si
aspetta il lunedì pur non volendolo. Si aspetta di andare al lavoro
per non rimanere col proprio miserabile tempo. Per non continuare ad
aspettare. Due persone sulla strada camminano veloci, anche stanotte
ghiaccerà. Il cane al piano di sotto abbaia al loro passaggio. Lo fa
ogni volta.
Nella periferia vive la gente della
città che non vive in città, in uno dei cento grandi palazzi, su
uno dei quindici piani, in uno dei sedici appartamenti per piano. Chi
vive nella periferia non sa come si chiama il cane della signora del
piano di sotto. Non sa chi siano i bambini che parcheggiano sempre le
bici sul cancelletto che dà sui bidoni. Non sa che Piotr del VI-A
domani ha un esame, e che la lucetta arancio che esce dalla finestra
è l'abatjour che gli ha regalato Ania. Non sa che nel grande palazzo
c'è un'italiana qui a casaccio alcune settimane per studiare. Non sa
che la signora che fruga nei bidoni vive al terzo piano del IX-C, che
soffre di artrite, che suo marito è cieco, che i figli forse sono
via, forse sono via.
Chi vive nella periferia sa che la domenica sera
è straziante. Sa che c'è una luce di un nero mai totale, del nero
sbiadito di certe vecchie maglie, lavate troppo, lavate nel modo
sbagliato. Lavate nel modo sbagliato.
Chi vive in periferia forse, la
domenica sera, si stordisce di televisione alcol noia lavori inutili.
Chi una fredda domenica sera si trova a casa da solo sbrina il
freezer pur di non lasciarsi svenire, pur di non dover ammettere che
allora è proprio tutto qui. Proprio tutto qui. Tutto un riempire il
tempo. Il lavoro o lo studio per passare le giornate, le persone per
non restare soli, cucinare dipingere lavare la macchina aspirare casa
passeggiare leggere comprare scegliere i vestiti e limarsi le unghie
e. Tutta una grande costruzione per riempire un tempo fatto per
essere riempito.
E la domenica sera il meccanismo
s'inceppa, la domenica sera è vuota, non fatta per essere riempita.
E la periferia s'addormenta una stanza alla volta, e invoca il sonno,
e invoca il lunedì.
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