mercoledì 18 marzo 2015

La vita è terribile e insieme meravigliosa (post notturno banalotto probabilmente)

Ecco, la vita è terribile e insieme meravigliosa. Stasera ce l'ho sulla pelle. Stasera mi si mostra aperta sul palmo della mano. Stasera decido come voglio abitare il mondo.

Stasera è stata una bella sera, una sera di grande lavoro, tanta gente, tanti bicchieri da lavare e servire, tanta pazienza e tovaglioli e caffè e dolci e.
Poi relax, la gente se ne va e restiamo noi, ci sediamo intorno a un tavolo, tutti amici, alcuni nuovi amici. Apriamo una bottiglia di bianco, odora di bosco, di animale, di selvaggio. Lo annusiamo, lo beviamo. Poi una di bollicina. La porta è aperta, fumiamo sigarette, chiacchieriamo della vita, delle cose della vita, dei progetti, del tempo. è bello, stiamo bene. decidiamo di bere l'ultima cosa.
In quel momento entra una persona, noi siamo chiusi, il locale è chiuso e le serrante tirate. Entra questo ragazzo con lo sguardo torvo, annebbiato. Dice: "non ho soldi, ma voglio una birra", C risponde: "adesso sara te ne dà una se vuole". Tempo che io mi avvicini al bar e lui inizia aggressivo a mettersi sulla difensiva, arrabbiato, scortese, minaccioso. Penso che piuttosto che dargli una birra me la bevo di resta (sara non beve birra, n.d.r.). Ascolto immobile, è portatore di una rabbia ingiusta che ci si riversa contro gratuitamente. Rovina la serata, l'atmosfera, il clima. A un certo punto esagera, XXX gli dà uno spintone e lo butta fuori.
Un paio di persone al tavolo di amici restano di sasso, criticano l'azione, c'erano altri modi. Eppure lui è stato così arrigante che l'avrei spinto io, giuro.
Poco dopo sradica il pilastro dei fiori, e urla per le strade, urla di rabbia perché non è stato dato un permesso di soggiorno, perché sono quindici anni che è qui ma, perché qui non c'è un cazzo, perché.
Finisco di pulire il bar, usciamo tutti insieme, a calmarlo, a sopirlo, a proteggerci l'un l'altro da tanta rabbia, da tanta fisicità.
Arriva la polizia, gli si spiega, poi facciamo per tornare a casa, alterati tutti.

In macchina penso all'accaduto e al libro che sto leggendo. Un libro tagliente e acuto che critica fortemente l'assimilazione con l'etichetta di integrazione.

Poi quando sono all'altezza di mcdonald c'è uno che fa l'autostop.

Ecco, io mi fermo sempre quando qualcuno fa l'autostop, perché anche paka lo faceva, e s'è fatto cento viaggi polonia-italia in autostop, e io ho pregato che ci fossero persone di buon cuore che lo prendevano, ogni volta ho pregato che non fosse al freddo su una strada senza nessuno che si fermava.
Penso tre secondi se prendere o no quest'uomo in macchina, perché sono le due di notte e sono da sola, e sì, anche perché sono una donna e non ho fatto nessun corso di autodifesa.
Alla fine di tutti i pensieri mi fermo e sporgendomi abbasso il finestrino.
Il ragazzo (l'uomo) mi dice: "grazie, se vuoi ti faccio vedere il documento", No no, rispondo, ma vado a Mori, il villaggio più vicino, a due passi. Lui dice: "meglio di niente". E in macchina, sarà che mi vuole rassicurare, non so, mi elenca le persone che conosce del mio villaggio, mi racconta la sua storia. Che è senza macchina perché si è separato, che lei , l'ex, non gli fa vedere i bambini, che fa il pasticcere e ha perso l'ultimo autobus per Riva, che ha provato a chiamare un taxi ma gli chiedeva cinquanta euro.
Allora lo accompagno a mori vecchio e faccio per tornare a casa. Lui va a Riva, attacca alle quattro.
E mentre torno a casa, penso che un giorno in bosnia ero sperduta perché avevo preso l'autobus, ma qualcuno m'ha accolto a casa sua e offerto un caffè e della musica, e la rassicurazione di non essere sola e sperduta al mondo. E questo qualcuno l'ha fatto gratis, senza volere niente, senza chiedere niente. E così torno indietro, e sento che la vita è meravigliosa, perché ci son persone belle, che fanno quel passo in più qualche volta, e cambiano la vita di altre persone, e che se anche stanotte, tardi per tardi, faccio quei chilometri in più non muoio, e passo il testimone.

martedì 10 marzo 2015

lista di marzo, fragilità

- Notte, rientro a casa, sono stanca, stanchissima. J direbbe esistenzialmente stanca.
- J. Riappare questa lettera ultimamente, come ci cercassi dentro delle conferme.
- Alzo la testa e non vedo tregue all'orizzonte. di nuovo.
- Stamattina la corsa è stata bella, inizia a non essere più freddo.
- La settimana scorsa ho lavorato molto, anche sabato, volevo finire un lavoro per oggi. Oggi l'ho finito (non proprio come volevo, ma comunque finito, lavorando anche il pomeriggio) e mi è stato detto che non cambia niente, che siamo comunque in ritardo.
- Penso spesso alla nonna, quando faccio il risotto mi ricordo che lei lo sgranava, anzi, me lo faceva sgranare (che poi sgranare forse vuol dire altro): lo metteva su un piatto o su un pezzo di scottecs e mi diceva di controllarlo, i grani brutti non si mangiavano. Io li cercavo a più non posso quelli brutti, bastava un segnetto e correvo da lei e chiedevo: e questo. E la nonna sorrideva, diceva: Via, via.
- La settimana scorsa sono successe cose che mi hanno scossa, piccole cose che anzi non sono successe. è il potenziale che è bastato a scuotermi. Tutto si è risolto per il meglio. Eppure questo pochino è bastato a capire che non mi sto più difendendo. Che non ho scudi, che sono meno forte di quello che credo. Ecco, capire questo mi ha scosso tanto, quasi più del potenziale.
- Quando entro in cucina S. è sempre di buonumore, canta. Canta il mio nome certe volte. E si abbandona ingenuo alle frivolezze, non ho mai conosciuto nessun uomo rimasto tanto bambino. Ogni volta me ne sorprendo. Non è fascino ciò che questa cosa esercita, è proprio sorpresa, anche una sorta di gioia.
- «Ha criticato Stalin anche sul piano personale?»
«Gli ho fatto notare come, in occidente, susciti sconcerto il culto della personalità che lo circonda».
«Ha taciuto?»
«No, ha detto che l’impero sovietico è tanto grande da costringere a gridare molto forte a Mosca, se c’è l’intenzione di farsi ascoltare fino a Vladivostok».
- Barthes, soprattutto Barthes: La depressione arriverà quando, dal fondo della tristezza, non mi potrò neanche aggrappare alla scrittura.

mercoledì 4 marzo 2015

50 sfumature di perversione (spoiler)

50 sfumature di perversione.
Lui dice proprio così, giuro. Lei piangente chiede perché? perché non possiamo essere una coppia normale? (e neanche per un istante riflette sulla superficialità di quel normale)
E lui le risponde: perché sono fatto così, perché ci sono 50 sfumature di depravazione in me.

:) :) :) :)
e viene da ridere (e quasi da sperare che le elenchi almeno uno non ha buttato via un paio d'ore).

ma a parte quest'attimo così trash da essere divertente, il resto è proprio una merda. Sì, pura banalità che neanche telenuovo dieci anni fa nell'infrasettimanale, accozzaglia di stereotipi e scene già viste (la cravatta, il ghiaccio, le bende...). E il desiderio di lei (vergine) di essere felice con lui, il bellone perfetto ma un po' ombroso che le regala una macchina sportiva, il semplice puro desiderio di andare al cinema come le persone normali. E davvero questo persone normali le esce tanto dalla bocca, così tanto che anche a me vien voglia di sculacciarla per farla pensare a quello che dice. E alla fine, per quanto lui abbia messo tutto in chiaro, per quanto stesse provando a diventare "normale" nonostante fosse ben consapevole di avere determinati desideri. Al desiderio di lei di capire fin dove può arrivare, lui la colpisce sei volte (probabilmente la studentessa di letteratura inglese aveva letto jane austen e non de sade, e nemmeno visto nynphomaniac), lei piange, sbatte la porta, lo manda via, poi se ne va da casa sua, e non si lascia riavvicinare. E il film chiude così, con una grande condanna morale verso il masochismo e il sadismo, anzi, coll'insegnarci: "finché è ghiaccio nell'obmelico e seta... ok, quando va oltre non va più bene". Ed è questo il lato terribile del film. Perbenista fino al midollo, nemmeno una nota di rispetto verso il fatto che persone consenzienti e adulte fanno quello che vogliono, tutto il film pervaso dall'imperativo di essere normali.
Credo sia stato tacciato di maschilismo, io credo che lo sia, un film maschilista, ma non perché la povera verginella abbagliata da valori come la ricchezza il potere e i muscoli venga sedotta e usata (per pochissimo tra il resto e con anche una dose di romanticismo quantomeno degna della sua levatura morale), ma perché è lei a essere bigotta e scema, a proporsi come ingenua e essere dannatamente superficiale e grossolana nel modo di pensare. Presentare donne di questo tipo è maschilista, perché al contrario dei modelli femminili di questo film le donne hanno testa pensiero desidero conoscenze amore complessità e forza, persino forza di subire volontariamente se ne hanno voglia e le rende felici.

Archivio blog

unknown ID