martedì 30 agosto 2011

il sorriso sapeva di terra bagnata


Ci sono saluti, anche semplici saluti, che colgono nel segno. Si tratta di quanta è la gioia che li compone, di quanto strette le mani serrano il volto, di quanto restano le labbra appoggiate alla guancia. Si tratta di libera familiarità, di comoda familiarità. Di soddisfazione forse. Ci sono saluti che al posto di buonviaggio sanno di benvenuto. Sì, un ciao che vuol dire ti accolgo, anche se non è previsto un vedersi, un rivedersi.

lunedì 29 agosto 2011

E' il tempo che scorre lungo i bordi / Siamo io e te appoggiati su queste sedie


Flash della discesa nella notte, la notte.
La strada buia, illuminata solo dal faro. La strada lucida, aveva piovuto fino a poco prima, sarebbe piovuto anche poco dopo. E foglie bagnate. Come lumache distese sull’unica corsia. I rami pesanti, ogni foglia come un sacchettino di pioggia. Un soffio di vento svuota i sacchettini, rialza i rami, piove solo sotto gli alberi così. Lì dove prima non pioveva. Punge l’aria fredda della notte.
Incastro le mani tra le mie gambe e le tue gambe. Mi aggrappo al tuo bacino e so di non volere nient’altro.

Flash delle luci verdi, la sera eppure già dopo.
Il locale ha luci verdi e gialle e muri imbottiti di gomma piuma e ricoperti gomma verde e bianca, e specchi barocchi e tavoli di vetro che sembra cristallo. Il locale ha gente distratta come avventori. Gente che si è dimentacata a casa, che è lì solo per non essere altrove, solo perchè piove. Ecco le ragazze un po’ sdraiate si fanno fare una foto da un adulto con la barba crespa e la pancia che ha smesso di trattenersi. Ecco il gruppo di amici patinati ha finito la pizza e si fa un drink educato. Ecco tavoli vuoti e la cameriera stanca, i menù ben strutturati, il bar fosforescente. Bevo un delizioso long island, parliamo di qualcosa che mi fa ridere, rido, ridi, è solo venerdì, abbiamo solo trent’anni, e tutto un mondo da spiare e da capire.
La pioggia ha smesso, la musica ricomincia. Mi aggrappo al tuo sorriso e so di non volere nient’altro.

Flash dell’attesa, la notte un attimo prima.
Immobili per non far scattare la luce.
Immobili per godere di un temporale rumoroso e luminoso.
Immobili per fermare il tempo.
Il baule chiuso sul tavolo di legno, dentro qualche libro, qualche soldo, forse un asciugamano.
I caschi sulla panca di legno, e il fischio del vento nelle orecchie e lo scrosciare dell’acqua anche. 
Parole appese alla grondaia.

Flash del giorno prima, sulla strada per piana a larghe curve.
La strada scorre indietro riflessa sulla tua testa argentata.
Cambia la prospettiva, il fuoco risiede nel tuo ipotalamo.
Le case, le macchine, tutto quello che ci lasciamo alle spalle riprende una vita senza colore.

lunedì 8 agosto 2011

La donna nera (appunti interiori del prossimo percorso)


Io ce l’ho ben presente, l’uomo nero. Anche la donna nera. Quelli delle fantasie. Quelli che arrivano se non si è bravi. So anche che non è che siano neri, è solo che sono nell’ombra, e si sa, le ombre sono nere. (questo e si sa, bla bla bla, l’ho rubato a qualcuno, non è mio). Comunque le ombre sono nere, o grigio scuro che sembra nero. A volte so anche chi sono, gli uomini e le donne nere. La mia è una donna nera arrabbiata. La donna nera è una parte di me. È la forza del chiodo arrugginito che prova a bucare la tela senza farcela. È la forza che spinge non volendo davvero rompere e distruggere, solo forse dirompere.
Paura di noi stessi, inculcata fin da bambini, paura dei lati oscuri. Paura delle posizioni forti. Paura del non canonico. Paura dell’inquietudine rintanata nell’ombra. Perchè son convinta che d’ombra non sia fatta ma solo colorata rannicchiata fino a far male.
La mia donna nera sono io che mi fingo non accanita verso come va il mondo.
La mia donna nera sono io in cucina.


“Eravamo la cornice di un romanzo medievale
Noi gli eletti
riuniti in una casa che cadeva a pezzi
immersi nel silenzio dei pomeriggi d'agosto
e fuori
fuori la peste”


Archivio blog

unknown ID