venerdì 29 ottobre 2010

appunti sulla bellezza

Non ho più aggiornato, è passato del tempo, tempo ricco di emozioni ed esperienze degne di nota.
Gli amici più cari le sanno, non starò qui ad elencare le grandi fortune di cui godo quotidianamente, una cosa però desidero scriverla.
L’ho vista ieri: la più bella.
In generale sono convinta che la più bella sia mia sorella. Ne sono consapevole da anni, ogni volta che la vedo lo penso, al di là delle circostanze – dei vestiti – delle innumerevoli boccacce, persino quando apre la bocca mentre sta mangiando.
Raramente m’imbatto in donne più belle di lei, quando capita però lo ricordo come un’esperienza fuori dal comune.
La prima volta è successo nel 2008, a Pasqua, lo ricordo così bene perchè ero in aeroporto, di ritorno dalla Serbia. Ero molto stanca, l’aereo ritardava già da qualche ora, ero sola e senza libri, non avevo dormito perchè era appena trascorsa la notte del saluto, quelle notti dove si sta tutti svegli anche se gli occhi si chiudono, all’alba ero salita sull’autobus, nel freddo più freddo, nel buio più buio. Fumavo ancora allora, e ricordo che fumai nel freddo, sulla pensilina, sotto le luci gialle della piccolissima stazione autobus di Vranje. Più divago nel ricordo più realizzo che i Balcani da non fumatrice saranno una bella sfida, giuro che così, a sangue freddo, non riesco a concepirli. Dire: “ho smesso di fumare, domani prendo il volo per Beograd” proprio non funziona, potrebbe scatenare una pacca sulla spalla, un ciondolare della testa. Comunque, ero in aeroporto con la mia valigia, senza libri, molto stanca e piuttosto sporca, ad aspettare un aereo in ritardo, aereo che mi avrebbe portata in ritardo a Malpensa, dove mi attendeva un bel nessuno, nemmeno mezzo treno per tornare a casa. A dire la verità ero di buonumore, come succede sempre quando sono nei Balcani, so che non è qui che dovrei parlarne, richiederebbe un post a sé, ma da sempre mi sento felice quando ho la fortuna di ascoltare un dobar dan, kako si e bla bla, mi sembra di sentire i muscoli della pancia che si distendono, e un po’ di menefreghismo sale alla testa, la pazienza si dilata, gli occhi ammiccano, la bocca sorride, il cervello si apre. Sedevo stoica e di medio umore quando l’ho vista. Bellissima, giovane, carnagione scura, occhi verdi, capelli castani molto lunghi, lineamenti affilati, labbra lucide, sopracciglia squadrate, mani curate. Vestiva con una lunga e larga camicia bianca che a stento lasciava intuire i piccoli seni, aveva pantaloni stretti a tre quarti (pinocchietto è un nome terribile per dei pantaloni, meglio la matematica), non ricordo le sue scarpe. Aveva l’aria di chi profuma di buono, di chi s’è appena lavato, di chi è fresco e. Tra le mani teneva una borsa in cartoncino laccato contenente forse gli ultimi acquisti. Aveva un neo perfetto vicino all’occhio sinistro e ripeto, i capelli lunghi un po’ scuri, come di seta... lucidi, e vi passava le mani senza incontrare alcun nodo, e a volte li raccoglieva e intrecciava con imprecisa disinvoltura con un fermaglio in cuoio. In.di.men.ti.ca.bi.le.!
Ieri è successo di nuovo, mi sono imbattuta in una donna la cui bellezza mi ha onestamente turbata.
Non sono ancora lucida abbastanza da poterla descrivere con precisione, ma copio gli appunti che ho preso, magari tra un paio d’anni diventerà un personaggio degno di nota.
Mi sta di fronte una ragazza bellissima.
Pallida, con capelli rossi rossi e un caschetto irriverente alla Lola corre.
Scrive, felice e ansimante, al cellulare.
Ride e piange, ha preso il treno.
La mano le trema si guarda le unghie della destra, un’ombra di disappunto le appare sul volto.
Di nuovo lo sguardo al piccolo schermo.
Il respiro piano si adegua.
È russa o d’un paese che usa l’alfabeto cirillico.
Ha occhi azzurri, ancora labbra sottili. Dita sottili. Sul medio della dx un anellino intrecciato come un filo. Veste pantaloni metà jeans (davanti) metà pelle marrone (dietro).
Ha una grande valigia rossa (mi ricorda Tereza che con la grande valigia bussa a una porta, le viene aperto, entra e si ammala. Chi aperto la porta la cura. Tereza portata come Mosè. Così la mia Lola e la sua grande valigia). Condividiamo un mandarino, ci guardiamo e sorridiamo. Vorrei stare sul treno per vedere dove scende. Chi raggiunge. Vorrei invitarla a casa e cucinarle una zuppa. Ci guardiamo e sorridiamo. Prossima fermata la mia, mi preparo, mi alzo. Da sotto in su mi osserva, Ha matita nera sopra gli occhi. Ha grandissimi occhi azzurri e capelli rosso acceso, e labbra sottili e mani sottili. E ha lo sguardo che attende, che spera e che teme. Bellissima.

domenica 17 ottobre 2010

correre da sola, parte 1

A volte mi viene in mente mentre corro, sì, parlo di Arvo Part.
Corro, magari i prodigy fino a un attimo prima saltavano nelle orecchie, nelle immagini, dettavano il ritmo e si leccavano i baffi
- e poi sembra esserci silenzio, le orecchie non ascoltano più, le gambe non sentono la fatica, il corpo non si accorge che respira, che corre. Non sa dov'è e che fa, ha impostato il pilota automatico (nel mio caso, per il momento, lentissimo, confesso).
Bene.
In quel momento, a volte, mi accorgo di cantare nella mia testa il De Profundis (1), altre volte Preisner (2); e di pensare. Mi dimentico sempre le cose illuminate che realizzo a ritmo pulsante del cuore, ma continuo a cantare nella testa intere orchestre. Anche stasera.

1

2

mercoledì 13 ottobre 2010

vivere da sola - parte 4


Ogni volta che mi scopro a pensare a settori mi censuro da sola.
Non mi piace scadere nelle banalità.
Eppure sono tanto emotiva da rivestire ogni cosa importante con vestiti d’affetto, d’amore, d’amicizia, di crescita.
Le cose che rimangono nude vengono spesso dimenticate, fino a che non vesto anche loro.
Perché introduco così?
Perché oggi, poco tempo fa, ho chiuso un settore. Un qualcosa che occupava la mia mente giorno e notte. Si tratta di lavoro. E si tratta di passione. E si tratta di parole. E si tratta di.
Oggi abbiamo chiuso un libro importante, e come dopo un esame mi sento piena e vuota, e come quando si esce da un lungo bagno mi sento le mani rugose e la testa chissà dove, e come quando.
E come quando. Al cubo.

E domani? E stasera?

mercoledì 6 ottobre 2010

never on sunday

Così s'intitola il foglio d'appunti che pretende di non farmi scordare un viaggio verso Παραμιθια,
viaggio a cui stasera penso, perchè lo stato d'animo è lo stesso.
Gli appunti citano:
-i colori verde e bordeaux mischiati nei campi
-il paesino paludoso
-passeggiata seralnotturna, di colpo la pioggia in cima alla montagna, scendiamo veloci alla cena formale, la portata servita è la seconda, noi fradici infreddoliti con un'escursione d'età ambigua
-canzoni sull'autobus, donnone e vocione e un movimento ritmico di mano che non potrò, purtroppo, mai possedere
-carezze la mattina, sui capelli, per svegliarmi, e la stessa voce che mi ha accompagnata nel sonno con una lettura incomprensibile, a donarmi un inedito kalimera
-chiacchiere davanti al camino, nel grande salone, dopo che tutti sono andati
-l'ουσερια la domenica mattina presto, tavoli piccoli e pieni e fitti di cibi di odori di sale di ouzo
-e infine: Τα Παιδιά του Πειραιά

-belli gli appunti di viaggio a distanza di anni.

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