giovedì 17 maggio 2012

Il Trentino è sfacciatamente rigoglioso in questi giorni.

Il Trentino è sfacciatamente rigoglioso in questi giorni. Ne pedalo il lungofiume, fronde di lussuria intensa, il masso dell'acqua che spinge verso sud. I rami nascosti nel verde succoso, le montagne non più azzurre, la roccia è ormai solo scheletro invisibile. Arrogante il vento freddo sconfigge il caldo sole, smuove i pollini, sfida le foglie ben appese. Il Trentino è pieno in questi giorni, come chiedesse di essere munto. Pedalo o cammino, la giacca ben chiusa, l'aria però entra lo stesso nella testa. Mi preparo all'arsura. Riempio di verde gli occhi prima di partire, respiro a fondo l'ultimo freddo di stagione. Lo zaino è ancora perduto nella stanza, i vestiti puliti e sporchi insieme chissà dove. La partenza sembra lontana, la partenza sembra a ridosso. Mi preparo alla sospensione, al Tigri che scorre glauco, ai papaveri sulle montagne di confine, a una lotta ancora sconosciuta, persino a qualche nostalgia.

giovedì 10 maggio 2012

Lista

- Parto, a breve, per Hakkari e dintorni. Forse dormo sui letti giganti che stanno sui tetti.
- Ieri sera dormivo sul divanetto della sala di registrazione, la testa appoggiata sul cuscino rosso. Sognavo mia sorella. Prima di dormire camminavo nella città, non sentivo nessun freddo. Prima di camminare pensavo alla disperazione. Come si fa, mi chiedevo, a cantare con la disperazione nella voce senza sentirla dentro per davvero. Perché qualcuno può? è solo un timbro di voce? è tanta la disperazione che trapassa in tutto, anche in quello che non nasce dentro? è finzione?
- Oggi i treni hanno avuto un forte ritardo, e tutta la giornata è stata una corsa sotto il sole. Un arrivare sempre un minuto dopo. E adesso che sono così stanca gli occhi non si chiudono più.
- Il desiderio qualche giorno fa è riaffiorato potente. Così, di colpo. Un pacchetto sul tavolo della pizzeria. Lo guardavo, volevo proprio proprio farmi una sigaretta, e fumarla. E allo stesso tempo non volevo cedere, non volevo riprendere a fumare. E alla fine l'ho fatta, l'ho accesa e ne ho fumati tre tiri.
- Ho tagliato il prato, un giorno recente. Non l'ho tagliato tutto, perché non c'era tempo, ne ho tagliata solo la metà sotto il sole, quella più alta e umida. E le scarpette erano verdi, e l'odore era forte, e la sacca si riempiva ogni due metri. Ma la cosa bella, la più bella per davvero, era l'ordine. Procedere ad angoli retti e lunghezze diverse, rispettare l'ortogonale ma creare incastri. E l'erba tagliata faceva da contorno a cento aree speciali. File più alte e file più basse, e voler riempire di chiaro ogni rettangolo, solo seguendo l'ordine gerarchico della testa.
- E poi , dove tutto sembrava storto, ma eravamo sempre noi. Dove il dentro usciva violento. Dove il freddo e l'umido non davano tregua, dove le stanze si rimpicciolivano o si riempivano, e per noi, per noi, per noi, sembrava non esserci abbastanza tempo, abbastanza spazio. dove la fronte sembrava uno straccio sgualcito, dove piccoli momenti di tregua sembravano attimi di paradiso, dove un raggio si sole nel giallo faceva subito intimità, dove l'uomo nero era sempre in agguato.
- E infine i libri. I libri potenti abbastanza da confondere le carte in tavola e le immagini nella testa. Libri così visionari e duri e trasversali da cullare nell'incubo, da portar via. Le parole abituali non hanno valore a certi livelli profondi dell’anima. Cerco di definire esattamente le mie crisi e non trovo che immagini.

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