martedì 28 giugno 2011

Stazione centrale (appunti E,3 - considerazioni sulla grande città)

Gente che scorre verso l'uscita come un fiume irregolare. Tacchi, scarpe ginniche, scarpe basse. Nere, a punta, eleganti. Sandali, sabot. Quest'anno vanno indubbiamente di moda le zeppe, come ogni anno forse. Sul pavimento di marmo il ticchettio diventa soffice per gli altissimi soffitti, diventa cotonato, diventa gocciolio di foglie. Guardo la gente dalla metà in giù, non m'interessano oggi i loro visi, nemmeno dove scappano, già credo di sapere da chi. Cammina buffa la gente, cammina in modo personale. Forse c'è più naturale manifestazione della personalità camminando che non parlando, vestendo, agendo. Come se la camminata fosse tanto un prodotto del corpo e riflesso dello stile di vita da rendere piuttosto difficile una manomissione (manipolazione?) esterna della stessa. Intendo dire che la camminata delle persone è spesso involontaria, incontrollata, anche quando la persona è posata, anche quando la testa esercita un controllo su tutto e filtra il sé per meglio presentarlo alla società... forse la camminata ne resta fuori, dimenticata. Come il ciuffo di capelli che dietro alla testa esce impertinente dallo chignon. Cammina buffa la gente. Non solo chi sta sui trampoli e trascina un trolley sfidando lo scheggiamento del recente smalto sugli artigli della destra, ma proprio in generale. I piedi a volte sono a papera, il bacino è in avanti, in dietro, ondeggia. Il corpo ha una posizione che curiosamente sembra innaturale. C'è chi trascina un piede dietro l'altro, chi marcia, chi alza molto il ginocchio, chi rimbalza quasi ad ogni passo. C'è persino chi s'inciampa nelle proprie ombre, e non cade, grazie a un maestoso colpo di reni.

mercoledì 22 giugno 2011

ATTENZIONE!

I non luoghi non sono mai stati così popolati.
 stazioni/ aeroporti /ikea?/ web/ zone franche/ centri commerciali/

Percezione del corpo necessaria per la comprensione del viaggio:

Il passaggio da una vita all'altra (ex: trasferimento) sembra senza collegamenti se non quello del corpo fisico che vive l'una, l'altra e il viaggio stesso. Bisogna forse affidarsi al corpo quindi per capire i cambiamenti.

cambiamenti climatici: il corpo soffre
cambiamenti alimetari: il corpo subisce
cambiamenti linguistici: la lingua s'ingarbuglia

Math

- La matematica la si crea o la si scopre soltanto?
Se con dio ho una teoria a riguardo, qui mi assalgono dubbi grandi.

- Numeri perfetti: numeri la cui somma dei divisori dà il numero stesso.
6
28
496
8128

- Meno di due anni fa ho scritto:
Trovare – cercare = inventare

Persone VS Persone (appunti sulla grande città)


1 dormicchia
5 ha le unghie finte
11 ha gli occhiali grandi
6 è schiacciato sulla porta scorrevole
100 guarda fuori pensando a ieri, o a domani, comunque niente di importante

domenica 12 giugno 2011

dolce Referendum (Appunti seggio 8, parte 1)

Il signore alla votazione ha ottantacinque anni, gli occhi azzurri e scintillanti, due denti in meno nell’arcata inferiore. È torchiatello, ha pelle piena di rughe, ma non ancora zeppa. Indossa il vestito della festa, un completo blu, scarpe lucide. Ha capelli radi, bianchi, corti. Parla parla parla. Ha la saggezza del passato, quel tipo di saggezza che non dimora né nel cuore né nella testa, la saggezza che semplicemente dimora nel passato, nella terra. La saggezza dell’ancor prima di nascere.
Racconta un barzelletta, - c’è una vacca che decide d’andarsene dall’Italia, parte pian pianino per andare in Germania, quando è al Brennero incontra un asino, che sta facendo la strada opposta. Si fermano a parlare, la vacca guarda l’asino e gli dice: “devo proprio andarmene dall’Italia, sono stufa, non fanno che mungermi”, l’asino la guarda e le dice “va’, io me ne sto andando dalla Germania proprio verso l’Italia, di sicuro prima di arrivare a metà mi fanno sindaco”-
Il signor Occhio vispo continua a parlare, del re e del duce, entrambi vissuti, della guerra, del lavoro, delle fabbriche, dei sindacati, delle pensioni. Con le mani cicciotte sottolinea il suo vissuto, con le sopracciglia richiama l’attenzione, con la forte risata sdrammatizza la vita intera, e lo scorrere incessante del tempo. Alza le sopracciglia e ride e racconta, e vorrei che continuasse, senza ascoltarlo, perchè ha la voce del nonno e l’educazione dei vecchi, e il sorriso di chi in gioventù i denti li aveva tutti e di guai ne combinava parecchi. E fa per uscire, ma sull’uscio si gira e aggiunge una cosa, e chiede scusa e fa per uscire, e poi si blocca e annuisce e riparte e così un paio di volte, e vorrei dirgli Kuku, e invitarlo a star dentro, perchè è bello, bello, Bello come chi s’attacca, senza pretese, alla vita così com’è.

mercoledì 8 giugno 2011

Lista mancata della pioggia continua

Non che oggi abbia continuamente piovuto, eppure mi sembra che da giorni stia piovendo sempre. Non che quando piove io sia particolarmente brillante o ispirata, ma corro di meno e cammino di più, certe volte senza ombrello. E capita che quando piove sottile mi si riempia più del solito la testa di pensieri, di progetti, di idee, di testi e di immagini. Li perdo sempre tutti, li perdo perchè piove e non ho la pazienza di cercare un riparo e cercare la penna e cercare il quadernetto e cercar di scrivere, li perdo perchè non ho memoria per queste cose; sono così abituata ad affidarmi a memorie esterne da rimetterci, mi sa. Però ricordo altre cose, ricordo tanti, tantissimi dettagli e parole dette e parole immaginate, ricordo benissimo le conversazioni (quando ascolto).
E oggi ricordo questa:
silenzio
sorriso
che ci fai qui?
dovevo far firmare un documento, tu?
lavoro laggiù
ti trovo bene (e comlimenti con gli occhi e lusinghe leggere)
grazie, sarà l'amore
l'amore?
non è che sia certa degli effetti estetici dell'innamoramento, ma forse sì, magari il viso ne guadagna in luminosità.
silenzio
capisco, quindi adesso frequenti qualcuno
mh mh (affermativo)
[passa una signora, è una donna dell'est, ha la pelle chiara, lo sguardo fiero, i capelli un po' biondi un po' grigi, non è molto alta, indossa orecchini d'oro molto corti, è piuttosto in carne, veste male con una maglia bianca e troppo larga a mezze maniche, i jeans senza forma, ha una borsa con la tracolla troppo corta, di certo ha un neo sulla nuca, poco più in basso dell'attaccatura. I capelli sono corti, quei tagli pratici da signora. Ha una luce negli occhi, una sorta di orgoglio, d'indifferenza a ciò che capita attorno. che abbia un obiettivo proprio scritto nella fronte? che stia andando a un appuntamento? No, per l'appuntamento si sarebbe vestita meglio. Forse va a prendere il bambino a scuola. Forse si è appena licenziata. Ecco, può essere questo. La immagino togliersi il camice (il grembiule? boh), appoggiarlo sul bordo della scrivania, prendere la borsetta beige e uscire quasi sbattendo la porta, pensando di certo udało się!/koniec!/..., pensando un ce l'ho fatta, finalmente... e adesso inizio a vivere... e andate a cagare. Ha proprio quello sguardo mentre passa ed è come se su di lei non stesse piovendo, è addirittura come se non stesse camminando, ma piuttosto scivolando, o muovendosi su un tapis roulant.]
cosa dicevi scusami?
non hai ascoltato?
scusami, pensavo ad altre cose... ripeti?
no, non importa. Ma quando torni?
a dir la verità non lo so, le lezioni son finite, quindi tornerò quando dovrò, poi t'ho detto /interrompe
sì (sorride), allora lasciamo che sia il mondo a decidere?
mah, lasciamo che il mondo provi a mischiar le carte, a decidere però ci pensiam noi, che dici?
carezza sul braccio, bacio sulla guancia
ciao allora
ciao.

E le spalle si voltano e la pioggia continua un po' a scendere, e il passo non accelera né rallenta, e la testa non si gira e pensa che forse la donna, se non si è licenziata, ha saputo che sua figlia si sposa, o magari ha appena detto il fatto suo a un rompiscatole, o comprato un volo proprio per laggiù, il laggiù per cui ha lavorato gli ultimi due anni. - e di colpo il tapis roulant diventa una passerella d'aeroporto, come quella d’Istanbul, che non c’è per davvero, ma è come se ci fosse là in alto, tra i due edifici, lì dove si vede il sole arancio e pieno che scende tra i velivoli, tra i minareti.

lunedì 6 giugno 2011

La nuvola non sparisce, diventa pioggia

Questo è uno schifo...
Dobbiamo fare qualcosa. Approfittare di questi ultimi anni di vita. Vogliamo dormire e giocare al bingo mentre aspettiamo la morte?
Non lo so. Tentiamo di cambiare il mondo. E' una missione seria e non possiamo lasciarla fare ai giovani. Loro hanno già tanti pensieri con il sesso e le droghe...

(tratto da Rughe, di Paco Roca)


L'assedio (incipit)


Mai ho avuto paura della morte in sè, per lo meno della mia, intendo. Sono una di quelle persone sciocche, che temono l’agonia, la sofferenza, il dolore piuttosto che la fine. Mi alleno. Ho così paura del dolore che me ne impongo a piccole dosi quotidianamente, per prepararmi a quando riincontrerò quello vero. Così da essere allenata, così da non trovarmi in balia di, come una sprovveduta. Per giorni non mangio ad esempio, così che il mio corpo si abitui a sopportare la fame. A volte lascio che le mani sbattano con forza sui muri, sulle ante, mi schiaccio le dita nella portiera, così che gli arti portino già segni, così che i denti si serrino silenziosi in automatico. Mi mordo, mi mordo le nocche delle dita, le spalle, mi mordo fino a che non vedo il sangue, così da poter attaccare per prima, da non subire solamente.
Non è da sempre che mi alleno, con oggi sono sette mesi. Sette mesi fa, oggi, mi hanno colta impreparata. Dopo l'assedio, così almeno chiamo l’evento, pensavo di voler morire, invece ho deciso di non aver più paura della morte, ho deciso di non essere mai più una vittima, ho iniziato il mio percorso.

venerdì 3 giugno 2011

Ovomaltine

Mai saputo cosa fosse Ovomaltine per venticinque anni, immagino che il lettore invece lo sappia e si chieda “ma dove ha vissuto questa?”, e quindi non mi lancio in una stravagante spiegazione sulle proprietà della polvere d’orzo (ho comunque scoperto che è prodotta da Novartis, una ditta farmaceutica...), tra il resto sono un po’ infastidita dalla scelta del sito ufficiale che si propone solo in tedesco e francese. Ma a parte questo e la curiosità della scoperta tardiva, e il fascino svizzero, e la carta arancione e gialla che proprio evoca un tempo passato, di campagna e cioccolatini rubati di nascosto e mangiati nel fienile... a parte questo, Ovomaltine mi ricorda un tappeto verde che ricopre una montagna, anzi, almeno due, e di un fiume che nella valle s'allarga e si stringe perfetto come un profilo. E d'erba alta che mormora pettegolezzi d'amanti. Ovomaltine mi ricorda un pranzo in mezzo al fiume, tornanti su tornanti, una notte di centomila stelle almeno dentro e fuori l'acqua calda della terra. Ovomaltine è da adesso una testa appoggiata alla spalla, una corsa a chi arriva prima, una mano che mi fa ombra sugli occhi stanchi di sole. È il sapore fresco e prefetto di una bevanda che da nota e familiare diventa nuova e da sperimentare. È caramelle gommose alla frutta non più gommose nel portaoggetti dietro al freno a mano, e guardare dal finestrino e di colpo confondersi su chi si muove, lo sfondo o proprio io? Ovomaltine è una strada di sassi color argento, e un lago freddo dove immergere appena i piedi, è la canzone giusta per certi momenti di stachezza, è una carezza sui capelli quando i denti nervosi mordono le nocche.

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