venerdì 22 gennaio 2016

sopravvivo all'infinito gennaio, anzi lo sbrano

sopravvivo all'infinito gennaio, forte e combattiva quest'anno.
lo odio gennaio, lo odio tutti gli anni, è un mese che dura cento mesi.

sono andata a pranzo dalla nonna, mi ha raccontato storie antiche, aveva gli occhi glauchi, i capelli bianchi argento luminosi, un grembiulino che pareva un vestito sopra il vestito.
sono andata a pranzo dalla nonna, e scriverlo così mi fa strano, mi confonde, perché la nonna di cui scrivo quando scrivo "la nonna" è l'altra, quella morta in un giorno di novembre, spezzandomi il cuore perché la amavo e odiavo insieme, proprio lì, in quel periodo di malattia e di morte (e io ero una testa dura, una dura e pura, non si può perdonare tutto a uno solo perché sta male!).
La nonna della mia letteratura, della mia memoria poetica è lei, che mi ha cresciuta e passato una conoscenza che va al di là del sapere, che è fatta di sapori e consapevolezze del corpo, di stufe accese e terrazzi e prati e more e filastrocche di pane pocciato in ogni cosa, di giochi con le carte.
Ma l'altro ieri ho pranzato con l'altra nonna, e mi ha raccontato cose antiche, di generazioni passate, di viaggi dall'America con ventisei o ventisette chili di soldi! e del papà, mi ha raccontato dell'infanzia del papà, e anche di tutti gli altri, e li ricordava bene, e nel ricordare guardava un punto del salotto con gli occhi fini, e per calcolare i mesi spiegava le dita bianche e nodose.

sono andata in israele, ed è andata bene ed è stato bello e tante cose, ma poi alla fine, per tornare, lì all'aeroporto è stato brutto. ogni oggetto è stato violato, aperto estratto toccato disteso. ogni sguardo è stato accusatorio. ogni parola cercava un'ipotetica verità nascosta dietro le parole.
ecco cos'è un regime. Ho pensato, ecco come fanno i regimi, ti fanno sentire sbagliato e colpevole anche quando non hai nulla da dire. poi ho pensato che forse anche in certe relazioni violente è così.

e poi le corse, tornata dal viaggio ho ripreso a correre, che bellezza, che libertà correre nel freddo, le gambe dure di fatica e vento, sentire il respiro che rinfresca il petto, e la testa che spinge e le braccia che spingono e i muscoli tesi l'impatto dei piedi sul terreno.

e poi la Winterson, un libro che è un'avventura nella vita, nelle fatiche della vita, nel valore delle persone. un'avventura proprio, una guarigione.

e poi la casa, gli incubi, le pressioni, i problemi, il senso di perdita anche, e insieme la voglia di farmi rispettare, valere, sentire.

che gennaio lungo e feroce. ma io sono combattiva, quest'anno gennaio me lo mangio giorno dopo giorno a costo di fare indigestione.

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