venerdì 29 luglio 2011

vado a prendere qualcosa da bere... vuoi qualcosa?


Appena concluso pillole blu, è pomeriggio, oggi sembra primavera, sole aria calda, come se fosse la prima aria calda dell'anno. Il tetto in costruzione davanti al gelso è quasi terminato, la finestra è aperta e lucente come un dio ideale. Appena concluso Pillole blu e sono qui a blaterare di dei e stagioni. 
Sono senza parole. 
Sono raddolcita, conquistata, sciolta. Commossa, forse intimorita. Come al solito ho l’impressione che nelle piccole cose stiano le grandi cose e che un universale metalinguaggio sia applicabile ad ogni gesto, ad ogni esperienza. Per significarla nuovamente. Questa, mi dico spesso, è una delle chiavi. E così fa questa storia d’amore, nel gesto dice. Disegni di gesti parlanti forse.
E tutto scorre naturale come la vita, ma dietro vediamo la storia, una storia. Così anche nella realtà forse no? C’è chi parla di unire i puntini a posteriori. E questo fumetto lo fa, unisce i puntini a posteriori, ma lo fa senza saperlo, è proprio nel suo farsi che i puntini si uniscono e disegnano un amore. E in questo caso, questo amore ha proprio il sapore della vita, quei dettagli che fanno la vita stessa, che la compongono come ingredienti sostanziali.
Si scherza nudi a letto e lei dice: vado a prendere qualcosa da bere... vuoi qualcosa?-
È un niente, ma è un niente su cui si poggiano i momenti belli di qualunque amore.
Si sente nella bocca, negli occhi, questa materia reale. È un testo bello, è molto più che bello.


C'è anche un'altra parte che mi tocca, che parla d'incontri e di bambini e di timori... 
mi rincuoro in una frase "ho capito subito che sarebbe andata bene... ma in quel momento non sapevo che forma avrebbe preso la cosa... - due vignette più in basso - d'altronde anche oggi..."

mercoledì 27 luglio 2011

Abbiamo sconfitto il caos

Concludo in questo istante Gottland, di Mariusz Szczygiel (traduzione di M. Borejczuk).
È notte. È estate ma sembra autunno. Anche il libro è un po’ così e confonde le carte. Non si sa più da che parte guardare, si è dentro a qualcosa. Si ha la testa piena di dettagli. Tutti i dettagli formano un insieme complesso e ricco e ben inquadrato. Ma è troppo bello fermarsi sui dettagli, almeno per me, e così non riesco a vederne l’insieme. Forse mi servirebbe una rilettura.
È un libro divertente, e il fatto che lo sia è paradossale, perchè narra della Repubblica ceca sotto il regime, e lo fa in modo disincantato, argomentato, severo quanto serve. È un libro ben scritto, una scrittura densa di fatti, di carne mi verrebbe da dire, no anzi, una scrittura piena di domande e di ricerche e qualche risposta mai servita ma sempre nascosta tra i fatti. Allora forse carne non è la parola giusta, è una scrittura chiara, schietta, irriverente. Una scrittura che, magari per mio amore personale magari per temi trattati, associo al Cataluccio del Vado a vedere se di là è meglio e al Kundera dei libri “didattici”. È un libro, questo di Szczygiel, che insegna tante cose senza volerle insegnare, che dice e apre mondi che vanno poi approfonditi, è un libro di aneddoti storici, è un libro di persone, anzi, di Persone, con un nome un cognome una storia o magari solo un ritratto, un capitoletto, il tempo di una chiacchierata, il tempo di una porta sbattuta in faccia. È un libro complessivamente incompleto e proprio per questo aperto. (desidero però far notare che ogni capitoletto è chiuso con grande maestria, ognuno ci dona di quei finali al bacio, quelli che si può poggiare il libro e gustarsi l’ultima frase).

Cose mie da approfondire:

-Adattamento come forma di autodifesa di fronte a una minaccia onnipresente (riflessione sul soldato Sc'vèik)

-The plastic people of the universe

-Charta 77

-Kafkarna

-Literarni brak


giovedì 21 luglio 2011

Forse dovevamo capirlo subito


-         Forse dovevamo capirlo subito che non poteva funzionare.
-         In che senso non poteva funzionare?
-         Ma sì, non può funzionare, siamo stati degli stupidi, avremo dovuto capirlo, avrei dovuto capirlo, soprattutto dopo...
-         mi stai lasciando?
Silenzio
-         non è che le persone si lasciano e si prendono, non abbassiamoci anche noi, ti prego, al linguaggio pieno di virus usato dalla tv e dai fumetti, si investe in relazioni, si assecondano stimoli e impulsi...
-         ma che dici? Ci sono fumetti scritti benissimo, ma tu, al solito, ti metti in cima alla sedia e guardi giù. E quello che ti sembra diverso dal tuo stile diventa irrimediabilmente peggiore.
-         Non cambiare argomento, oppure sì, cambialo, fai quello che vuoi. No comunque, non voglio lasciarti perchè non ti ho preso. Per un periodo abbiamo provato a stare insieme ma non funziona e non ho intenzione di accanirmi per fare in modo che funzioni. Forse abbiamo nature incompatibili, o se non è così non so, di certo non vogliamo le stesse cose. Mi sembra di percepire nitidamente, a volte, la fatica che fcciamo.
-         Perchè ci giri intorno, perchè fingi di addolcire una piccola che così si fa ancora più amara. Perchè butti la colpa su entrambi anzichè ammettere che ti sei stufato? No, tu mi guardi dalla tua sedia e dici che abbiamo nature diverse, che percepisci che facciamo fatica a stare insieme. Facciamo. Così dici. Ma io non faccio fatica, e se la faccio magari mi va di farla, è lecito voler fare fatica, no? Una buona parte della nostra cultura del cazzo è basata sull’idea che è sacrosanto e giusto fare fatica...
-         Perchè hai bisogno di sentirti rifiutata? Perchè mi obblighi a farti soffrire? Perchè non guardi alla realtà e non ti togli le vesti della vittima? Non ti sto rifiutando, e mi rifiuto, scusa la ripetizione, di rifiutarti. E non solo perchè sei tu, in generale non potrei mai rifiutare qualcuno, è del tutto fuori luogo, poco etico, incivile. Non si rifiutano le cose, figuriamoci le persone. No, mia cara, non ti sto rifiutando, sto piuttosto dicendo che la nostra relazione non funziona, è affaticata e pregna di dinamiche sbagliate, e io non ho abbastanza amore e pazienza e tempo da investire nel recupero di questo rapporto.
Silenzio
-         ok, credo che basti, credo di aver capito. E sì, ora credo anche di essere ferita abbastanza da starmene zitta e lasciarti andare. Ah no, scusami, non posso lasciarti andare visto che sei figlio del libero arbitrio. (risata amara, labbro che scende a sinistra, occhi che si colmano di lacrime).

Lui ha ragione, lei sapeva che sarebbe finita così. Avrebbero dovuto accorgersene da subito. Forse se ne sono accorti da subito. Ma le cose si mettono a tacere in amore, no? Mai si colgono i piccoli segni. Si evita di riconoscere quella smorfia che da subito ci irrita. La si evita fino a quanto tutto il viso non si fa smorfia. E allora l’amore finisce e scompare il viso. Forse funziona sempre così. Loro non hanno scuse. Non ne hanno nemmeno bisogno visto che la cosa è nata sviluppata e finita tra le loro mani. E noi? Siamo attenti o abbagliati? Fingiamo di non riconoscere che non può che finire? O forse ci crediamo davvero? E lui, che sembra così saldo, diplomatico e corretto, lo è davvero? Non si sta nascondendo dietro alle parole? Avrà sofferto anche solo un istante per la fine di questo amore? E poi ogni cosa fa storia a sé, ogni rapporto è gestito a due, o a tre, ogni persona è un mondo di... bla bla bla.

mercoledì 20 luglio 2011

Lista della corsa sotto il sole

- A volte ho l'impressione di percepire il mondo in modo binario, un mondo di azioni divise tra il reversibile e l'irreversibile. / Per quando riguarda il reversibile nutro una fastidiosa indifferenza. Per quanto riguarda l'irreversibile mi ci trovo in mezzo, incapace di decidere per il troppo peso delle conseguenze.
- Siede su uno scoglio, su una montagna, sul cornicione di una casa, su un balcone, su un masso. Siede in alto sopra le cose (magari anche le case) siede e sta lì a pensare. E le sembra di fare un esercizio, l'esercizio del non buttarsi giù; perchè forse è difficile stare in cima e non ascoltare il desiderio di lanciarsi.
- A volte mi ti proibisco per volerti. Questa frase è nata dalla percezione di come il proibito divenga irrefrenabile desiderio proprio perchè proibito. Intendo provare a svilluppare uno stile di vita, un percorso esterno, in cui proibendomi il dovere lo faccio diventare viscerale necessità.

martedì 19 luglio 2011

Mavi

immagine tratta e modificata da In una lontana città
Ho sognato che sfrecciavamo tra i laghi
poi ho capito che ero sveglia
come un'ape non regina indirizzavo le curve, immaginando spavalda di grattar la terra col ginocchio!

mercoledì 13 luglio 2011

pensieri nel mezzo

oggi che le parole sono chiuse col lucchetto nella testa, di nascosto persino dal pensiero, e si uccidono senza badare alle conseguenze.
In questo giorno di lutto del razionale. Sono nelle gallerie del vento, in silenzio.
Qui dove la natura vince. Dove irrompe.
Cammino sperando di non incontrare la fine.
Sento il peso dello smalto sulle unghie.

Il lago si fa di liquido metallo, le nuvole, le montagne, tutto è sui toni del piombo, per un attimo ancora un po' di sfondo bianco, lontano, un po' di verde ai bordi, per ricordare che il mondo è a colori.
Poi puf, inizia la tempesta.

così ho camminato
così ho sentito il peso dei vestiti aumentare passo dopo passo
così ho smesso lenta di sentire il freddo
e gli occhiali scivolavano dal naso gocciolanti
e i capelli erano spugna
e l'acqua colava tra le gambe sulle braccia tra i seni
e l'abito militare era d'un verde sempre più scuro
e le scarpe ad ogni passo si inzuppavano
e il quaderno, alla fine, aveva tutte le pagine incollate.

Il silenzio ha di nuovo i denti


Casa vuota, e grande. Apro le finestre, le porte. Vorrei sentire il vento, vorrei pioggia fitta a bestemmiare nel cielo. Invece tutto rimane sospeso nell’aria. 
Il caldo, il caldissimo, la lucidità, i ricordi. 
La conversazione del pomeriggio, le ombre dei giorni scorsi, l'amore della notte passata.
Tutto fluttua confuso. Smetto di vedere bene. Mi addormento.
Mi sveglio di colpo, proprio quando nel fumetto la zia stava facendo una fotografia importante. Che fotografia? Sono confusa, mi fa male il collo per la posizione sbagliata del sonno nel pomeriggio.
È ancora tutto sospeso, la testa a rilento schiaccia le tempie, nemmeno le macchine in lontananza fanno compagnia. Il mio letto sembra ora un campo da calcio abbandonato.
Casa vuota, il silenzio ha di nuovo i denti, il silenzio mi mangia le cosce.

Archivio blog

unknown ID