domenica 17 febbraio 2019

Capodanno 2019, Passeggina non pervenuta

La Bambina mi ha cancellata dal capodanno.
Eravamo in montagna in tre, io, lei e D., ma nel temino che ha fatto per la scuola erano in due, lei e D.
Erano loro ad aver trascorso la settimana in montagna, loro ad aver fatto la spesa a Trepalle perché costa meno, loro ad aver giocato a labirinto (e la bambina dice che ha perso), loro ad aver mangiato la salamella e aver trascorso una serata così bella, che la Bambina si augurava non finisse più.
Quando l'ho letto sono rimasta molto colpita, mi sono sentita cancellata. Ingiustamente.

Certo la Bambina non l'ha fatto per disamore, non l'ha fatto per me, non è personale, lo so, ma questo evento mi ha molto fatto pensare a chi è la matrigna e a come sia difficile, per un bambino, trovare le parole per dirlo senza percepire una stortura in questa figura.

Parto dall'inizio.
La Bambina mi conosce da quando è piccolissima, da sempre. Ci piacciamo certi giorni, meno altri giorni. So come piange, cosa le piace e cosa no, so quando è meglio lasciarla in pace e quando invece farle il solletico, so i suoi abbracci della buonanotte e so come non le piaccia lavarsi i denti e farsi il bidet, so i suoi odori.
So parlarle di cose serie, so addirittura dirle: “Bambina, mi hai cancellata dal capodanno e adesso, dentro di me, sto continuando a ripetermi che non l'hai fatto perché non mi vuoi bene, ma perché magari non ti sentivi di affrontare l'argomento in classe o altri motivi più sociali che personali, però è difficile, devo proprio dirmi: anche se la Bambina ti ha cancellata ti vuole bene.” e non è facile da dire e neanche sentirselo dire.
Anche la Bambina sa di me, vede quando sono di umore torvo, sa che la mattina dormicchio o leggo il giornale, sa che mi piace ballare, e sa su cosa sono permalosa.
Io e la Bambina andiamo d'accordo, io e la mamma della Bambina andiamo d'accordo, io e il compagno della mamma della Bambina andiamo d'accordo, e così D., con la mamma e col compagno della mamma.
È tutto alla luce del sole, difficile, diverso, ma quotidiano, pulito, pieno di sincerità. Eppure la Bambina non se l'è sentita di scrivere che eravamo in tre, e che io ho vinto a labirinto.
Non credo di raccontarmela quando decido di non prenderla sul personale, ma questo non toglie che un po' di male lo fa.

In fondo sono otto anni di ricordi, fatiche, ricerca di equilibri, bagni al lago, viaggi, prati, libri, cartoni animati, aperitivi, giri in bici, compiti, passeggiate, buonenotti e buongiorni e pranzi, cene, discorsi, pipponi, giochi in scatola, canzoni.

giovedì 7 febbraio 2019

appunti sul libro della madre, e una bellissima citazione

In lontananza, sui campi e lungo la strada, si avvicinarono dei puntolini neri. Si ingrandirono sempre di più. Gli uomini. Gli uomini che tornavano, in uniforme, con lo zaino militare e il fucile in spalla. Ridevano e salutavano, ormai riconoscibili uno per uno. Mia madre alzò una mano, salutò anche lei. «Cane» disse al cane. «D’ora in poi dovremo sopravvivere alla pace, noi due».
(Il grande amore di mia madre, Widmer)

Lavoro a un libro toccante e molto bello, tradotto con la profondità e la spigliatezza con cui, sono certa, è stato scritto. È un libro che mi scatena una sorta di dispiacere intimo. È un figlio, adulto, che racconta una madre. La racconta con severità e con colore, a tratti con un po' d'affetto, torna alle radici, agli avi e lì si mischia alla leggenda, fa un salto in un'Italia passata e contadina, poi si riavvicina a quel presente di prima di lui e poi al presente con lui. Sempre, in tutto il testo, non sento rabbia, sento distanza. Una distanza però che mi pare sia il modo, di Widmer, di capirla, questa madre, una distanza che studia, non che allontana.
Forse il dispiacere non sta nel racconto, nei fatti (sebbene abbia avuto una vita segnata dalla sofferenza, questa madre), non sta nel dentro del libro, che è intimo e non giudicante, il dispiacere che provo riguarda il titolo, è lì, che secondo me, manifesta il suo rancore: Il grande amore di mia madre. Non un libro sulla madre, a specchio di quello del padre (altrettanto bello, ma un bel po' più affettuoso). Mi piacerebbe sapere se il titolo è venuto così, se c'ha pensato, se è proprio una scelta sua o dell'editore, se è un tentativo ennesimo di provare a dire a quel mostro dell'amore della madre che è colpa sua, che ha rovinato una vita o forse di più (ma visto come si conclude il libro non credo proprio).

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