giovedì 9 maggio 2013

sogno

cavalco senza mani, cavalco leggiadra, sicura, temeraria, le braccia al cielo, le gambe strette sul corpo saldo e ritmico. lo vedo che ci avviciniamo al precipizio, lo vedo eppure non tocco le briglie.
poi vedo lo zoccolo che pesta nel vuoto. chiudo gli occhi. è chiaro che doveva esser così, mi dico.
quando mi sveglio ho poche ferite, cerotti e persone addosso. di colpo mi chiedo del cavallo.
lo cerco sulla spiaggia che costeggiava il muretto che sorreggeva la strada da cu siam caduti; cerco il cavallo e vorrei sapere se è anche lui vivo o se è morto, voglio vedere se il padrone l'ha finito perché soffriva o se sta bene, soprattutto voglio chiedergli scusa, ché con la mia leggerezza l'ho messo in pericolo, ché senza rendermene conto ho giocato anche con la sua vita.

venerdì 3 maggio 2013

e non si è più soli

certo momenti, come adesso, so per certo che il mio è il lavoro più bello.
fuori dalla finestra scende il sole, il balcone è aperto e l'aria della sera entra, delicata.
dall'altra parte d'europa la traduttrice controlla la mia revisione, mi manda dieci pagine alla volta, io guardo che pensa dei miei interventi, sommo me a lei, le mie parole all sue parole e ne esce qualcosa di bello. ne esce una scelta, una presa di posizione sul mondo, una direzione nitida, la piega che ha da prendere il testo.
e in questo caso il testo è azzardato, audace. è un testo che graffia e scalpella, ma è un testo ben rigoroso nelle sue linee tozze, nel suo definire una storia, un rapporto, uno stare.

e non si è più soli

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