mercoledì 23 maggio 2018

Giorni di maggio.


  • Sono stata a teatro. Che dolore il teatro, fa male quando è brutto, fa malissimo quando è bello. È stato bello stavolta. Una riflessione sul corpo e sul teatro stesso. Crudele, imperfetto, al limite.
  • Un aperitivo tra le case, in un finto canton Ticino. Uno sbagliato tra le mani, tu un vino piemontese, ma bianco. È buono solo quando è molto buono quello, lo sai. Ti ho detto. E tu hai riso, ma l'hai preso lo stesso.
  • A una fiera dei vini ho parlato con un vecchio, Giacinto. La sua barbera era buonissima, e lui ne andava fiero. Cinque ettari, mi ha detto. Cinque ettari a mio nonno, e poi a me, e poi a mio figlio e poi a mio nipote. Uno dei suoi figli era morto, il nipote si chiamava come il morto. Il padre di Giacinto, o suo nonno, avevano conservato un'annata buona murata nel tufo, ha detto che farà lo stesso, col 2011.
  • Ieri io e la bambina abbiamo fatto un saraparty. Mi ha fatto così tenerezza che l'abbia chiamato così che le ho lasciato fare tutto.
  • A una degustazione sull'Alto Adige il relatore se ne esce con una frase che mi fa molto pensare: “Ogni pensiero sul filo è una caduta in agguato”, ci dice che la frase l'ha detta un equilibrista.
  • Ho ripreso Montale e mi sento a casa. Leggo qualche verso al giorno, di più è troppo.

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