giovedì 9 agosto 2012

Fermo la mano

Luci accese – luci spente.
Una piccolezza nelle foto nei disegni, un vivo o un morto – un vuoto o pieno nella realtà, certe volte.
Appena finito Cronache di Gerusalemme, di Guy Delisle. Un fumetto semplice nella forma, umile nel proposito, ma molto pieno di spunti, nozioni, dettagli.
Mi piacciono i dettagli, mi piace chi nota una scritta su un braccio, un volto affilato e barbuto. Chi guarda ogni tanto i graffiti sui muri. Mi piace anche chi anziché dare lezioni di vita o di storia racconta le piccole cose, un mazzo di chiavi che cade nella fessura delle porte scorrevoli di un ascensore, il trovare sempre un museo chiuso, il rinunciare, talvolta, a ciò che si sarebbe voluto fare perché la quotidianità non lo consente proprio così come era stato immaginato. È dolce, il disegnatore disegnato, è dolce il suo sguardo mai giudicante sebbene attento.
Quindi mi piace, lo dichiaro senza alcuna autorità ma benvolentieri un reportage a fumetti ben riuscito, l'ho letto con entusiasmo per il tratto nitido e morbidamente squadrato e mille accuratezze verso il lettore... eppure. Qualcosa, qualcosa di inconsistente stona, una sensazione, un odore: la distanza. È un reportage a fumetti che racconta un anno di vita a Gerusalemme, il conflitto, i posti di blocco, i luoghi (tanti luoghi, tanti luoghi, e sempre un piccolo sé che li disegna nel disegno), le abitudini, lo shabbat, le pasque, tanto tutto... ma con una distanza, di certo propedeutica, di certo saggia necessaria. Purtroppo, per me pretenziosa, curiosa, impertinente – una distanza un briciolo spiacevole: una moglie fantasma, un'emotività appena accennata. Una sorta di abitudine al vivere e staccarsi nel modo meno doloroso possibile dai luoghi. Ecco, ci son riuscita a identificarlo, è questo il piccolo superficiale dispiacere che ho avuto nella lettura, il non affezionarsi dell'autore, il non dare e non prendere da un posto quel qualcosa in più; ma di certo faccio l'errore che sempre rimprovero agli altri, lo scambiare il racconto per la vita vera. Quindi chiudo qui, e nelle luci accese o spente leggo tutto il prezioso non detto.
p. 332, Cronache di Gerusalemme


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