lunedì 30 agosto 2010

Sebastian Arnold - Mnemesys


www.sebastian-arnold.net


per chiuder gli occhi un attimo,
col vento della sera tra le dita,
le labbra inferiori morse leggermente dai denti superiori,
un sorriso inconsapevole che sfiora punti cardinali a ritmo di musica,
e punte e talloni che tamburellano...

Confessione

Oggi vorrei dirti tutto di quel giorno nella stanza dalla luce arancio,
dal soffitto alto,
dai tre letti singoli e duri.
vorrei sputare il rospo,
sputartelo addosso, sentirlo gracchiare,
leggere un leggero brivido tra le tue unghie sottili e sciupate.
Oggi vorrei ricordarti di come sorridevi dentro e fuori.
Vorrei toglierti dagli occhi gli anni passati e farti vedere come vedevi.
Come mi vedevi.
C’era un tempo in cui mi volevi proprio così com’ero.
Oggi ti soffierei il passato nelle orecchie,
vorrei sentire muscoli a sorreggermi,
vorrei sentire la mano bagnata.

mercoledì 25 agosto 2010

Lista mirata di mezzo agosto già passato:




-         oggi la mia montagna era una coperta da pic nic appoggiata distrattamente su un prato ricco d’erba, tutto soffice.
-         devo riprendere in mano almeno una cinquantina di testi, adesso che posso dire anche il non dicibile.
-         Vorrei scrivere una lettera aperta a colui che è sparito, anzi, a coloro che sono spariti con il futuro d’altri in valigetta, speriamo almeno in fintapelleluccicante.
-         la lista viene scritta ora, in modo del tutto ramdom tra le cose che girano per la testa, con un mezzo sorriso piuttosto divertito sulle labbra,
-         avevo scritto spalle anzichè labbra, confesso!
-         Carmen torna stanotte, canzone in repeat: la bellezza delle cose, momento di commozione: minuto 3.11
-         La luna era piena mentre scendevo la strada, avrei voluto-dovuto-potuto? spegnere i fari
-         A volte etiscaro un intero album solo per massacrarmi col repeat di una e una sola canzone
-         Oggi è così, eppur non sto male, è solo un po’ d’iposonnia
-         Ricordarmi di teorizzare il processo di scrittura matematica prima di dimenticarne la chiarezza che lo definisce dettagliatamente, adesso, nella mia testa
-         Fermare il repeat il repeat il repeat il repeat il repeat il repeat il repeat il repeat il repeat il repeat
ex: spegnere (repeat)^ ∞
-         Ho visto About a boy, con sceneggiatura di Hornby, il piccolo protagonista si chiamava Markus – ho letto stamattina che il figlio di Claudia Schreiber (autrice di La felicità di Emma) si chiama Lukas; improvvisamente mi sento circondata dai gemelli della Trilogia,
-         A volte ho davvero il timore, per davvero davvero, di leggere il mondo col filtro dei libri che leggo
-         Se il repeat del filtro letterario si fermasse su Agota K. sarebbe una catastrofe  

lunedì 23 agosto 2010

Da solo

Parlo da solo. E immagino personaggi. Ma stanotte è inutile, inutile. Saranno i bicchieri di vecchio vino che ho bevuto, l’ho trovato in cantina, era l’ultima bottiglia, non ricordo d’averlo mai acquistato, è dell’inquilino precedente, schifoso, ho dovuto metterci del ghiaccio per poterlo bere. Dicevo, sarà a causa del vino acido con ghiaccio, o forse a causa della musica country che stasera entra dalla finestra, musica del tutto inopportuna, vivo in un villaggio del nord Italia, qui conosciamo la musica country solo perché Mitch Buchannon ogni tanto la ballava con quella dai capelli neri, Stefany, ecco, solo quindi da qualche scorcio di Baywatch e da Walker Texas Ranger visto tra una pubblicità e l’altra quando si cambia canale, solo grazie a loro ho una vaga idea (sufficiente a non farmi approfondire) di cosa sia la musica country, quindi forse è colpa della musica che entra anche se ho chiuso la finestra. Che sia il vino o la musica, non importa, stasera è inutile, non ce la faccio a immaginare i personaggi delle conversazioni, la vera verità è che parlo da solo.
Non potevo dormire, capita spesso. A volte tengo gli occhi aperti, altre volte mi sforzo di chiuderli. Se uno non dorme non dorme, meglio che li tenga aperti. Tenevo gli occhi aperti nel letto, di colpo la immaginavo in bagno, come quell’attimo in cui sei steso e quasi dormi, ma aspetti che lei entri per due parole, per la pelle fresca, per un bacio al collutorio. Mi sembrava di aspettarla.
Allora mi son chiesto: ti manca? E mi sono risposto: forse sì.
-perché forse?
-perché è uguale. Quando lei c’era c’erano il bello e il brutto. Ora che non c’è ci sono il bello e il brutto. Belli e brutti diversi, certo. Ma anche non troppo diversi. Uno da solo fa più cose, non deve sopportare. Alla lunga però uno ne ha anche pieni i coglioni di se stesso, a volte è più facile sopportare qualcun altro, scaricargli addosso colpe e gioie. Poi quando uno si conosce troppo non ha più vie di scampo, non ha più scappatoie.
-ti manca solo perché sei stufo di star con te?
-no, piuttosto non mi manca perché era difficile da sostenere, era come se con lei potessi già vedere cosa sarei diventato… e quello che vedevo non mi piaceva, volevo e voglio una vita diversa, altre possibilità, e parlare da solo alla fine è il minore dei mali piuttosto che rinunciare a un potenziale futuro.
-parli persante stasera…
-sì, è colpa dell’insostenibile pressione dei verbi modali, puoi, voglio, devo… continua ridefinizione interiore, cercando di non rimanerci sotto, compromessi senza compromettersi
-lo capisco perfettamente, tra il resto lei non mi piaceva…
-dai… non dir così che non ne voglio parlare, e ancor di meno prender le difese, non stasera che di noi ne ho pieni i cosiddetti
-hahahha come li hai chiamati? :D:D:D:D:D
-dai!, è che quando scrivo coglioni mi corregge in automatico e mette ciglioni… e non avevo voglia di correggere. Notte va, chiudiamo gli occhi e via, magari la sogniamo come quel giorno nel bosco, quando è venuto da piovere così tanto che avevamo paura a stare sotto gli alberi-in macchina-vicino alla roccia, quando abbiam preso la coperta che usavamo per il picnic e ci siamo avviati in mezzo al prato coprendoci le teste e ridendo un po’ preoccupati un po’ eccitati, e il suo bacio sapeva di tabacco bagnato, e i capelli le restavano appiccicati in faccia anche se provavo a spostarli col naso, e mentre tenevo la coperta con le mani lei mi accarezzava il viso e la schiena, e si appoggiava dolce poco sotto la spalla, e mordeva la maglietta rossa…

giovedì 19 agosto 2010

Conversazione sull’amore

...Ti penso, e tu? dimmi, mi hai pensato?", 
"Se ti telefono...", 
"Ma non vorrai essere logico!"
tratto da Crampi, Faustra Squatriti
 
Questa conversazione è un piccolo omaggio a F. S., 
da una sua frase infatti si è sviluppata nella testa e intrecciata con le realtà.


La conversazione avviene un mattino, tra un uomo e una donna amici di recente data. Tra loro non ci sono fini amorosi, dalla porta finestra in fondo alla stanza entra una luce fresca, le montagne dipingono il fondale e sembrano quasi entrare per sdraiarsi scomposte sulla poltrona blu appoggiata al vecchio tavolo.


-ma se Lui ti chiedesse se lo ami? Cosa risponderesti?
-se Lui mi chiedesse se l’amo mi cadrebbero le braccia (detto con freddezza e razionalità, con gli occhi che guardano in alto a destra, che cercano un appiglio a metà montagna, mezzo ricordo, persino solo un credibile film, altro)
- beh, dipende dal momento no?
-sì, forse dipende dal momento. Di sicuro dipende dal momento. Guarda che il mio non è cinismo, è che non ce la faccio a costruire se nella mia mente. Non posso nemmeno nella mia testa fingere l’amore e dare delle risposte quando non c'è nella sua spontaneità, o c’è o non c’è. C’è stato, ma non lo ricordo più. Non mi ricordo più l’assenza di logica che lo caratterizza. L’unione di assurde dolcezze di cui si nutre. La deficienza confortante che ne fa un’arma verso il moto malato del mondo. Le ho dimenticate queste cose. E da essere umano lucido e non innamorato non posso concepirle, né immaginarle.
-beh, ma se le hai vissute non puoi averle dimenticate, magari non vuoi spolverarle, desideri tenerle sepolte, sotterrate, sottochiave, incatenate in cantina, riposte dentro la cassaforte cui hai dimenticato la combinazione incastonata nel muro dietro al quadro ridipinto dalla vicina di casa di tua madre cinque anni fa.
- ma che stai dicendo?? (sorridendo, e ringraziando per la demenzialità sdrammatizzante) Il fatto è che le ho vissute, e ricordo le amorose sciocchezze altrui, del mio compagno, dei miei compagni, ma non ricordo cosa provassi a quelle manifestazioni d’affetto di generale femminile attribuzione che ricevevo con sorpresa da parte maschile, non ricordo se ne gioissi genuinamente o se fingessi di gioirne per convenzione sociale accettata e lusingante piacere del vedermi causa scatenante di tanta mielosità.
Davvero, non ricordo.
-è un peccato tu l’abbia dimenticato così bene.
-hai ragione, è una colpa.

mercoledì 18 agosto 2010

Passione - Sàndor Màrai

è davvero nato un nuovo amore.
Uno di quelli grandi, che mi è necessario confessare.
Dal podio cade Bulgakov.
Il terzo posto si eclissa.
Sul gradino più alto, a fianco del furbetto (e grandissimo) Milan Kundera si siede Sàndor Màrai.
Dopo soli due libri, con poche informazioni sulla sua vita, già è a fianco del prediletto mio maestro.
Non è stato amore a prima vista, ma ho appena terminato Le braci e sento dentro quel qualcosa.
Si tratta di rispetto, ammirazione, sorpresa, voglia di... ancora, si tratta di occhi sbarrati che incontrano ancora il potere della scrittura e ci rimangono secchi. Ecco. S. crea, sa, dice, regala grandi cose... poi distrugge qualcosina, descrive ciò che sa, come se volesse davvero farcelo sapere (come se non potesse dirlo più chiaramente di così--- e parliamo qui di massimi sistemi, di relazioni tra gli uomini, di regole interiori ed esteriori...), ma è impossibile.
Ci prepara, ecco, ci prepara a capire ciò che sa e che sapremo appena toccherà a noi incontrarlo.

Ci, Mi insemina (è volontario non aver scritto semina).
Ecco, lo grido, è nato un nuovo amore, meglio, è nata una grande passione,
e rubandogli fin d'ora una frase:
Ogni vera passione è senza speranza...

buona lettura

lunedì 16 agosto 2010

Schon

Sono seduti sulla panchina, lei lo spia da sopra gli occhiali. Si, ha gli occhiali, di quelli con la montatura sottile, che andava di moda una decina d’anni fa, la lente è a ovale, il sottile è dorato, da non crederci. È anche grassoccia, morbida a dir la verità, ma lei si sente un elefantino nei momenti migliori, in quelli peggiori non esce nemmeno, sta sdraiata sul divano con le gambe in alto, le stringe, le guarda da sotto, quasi che con la sola forza del pensiero possano dimagrire. È bionda, capelli alle spalle, occhi azzurri. È il tipo di ragazza che piace agli extracomunitari. Dicevo, lei lo spia da sopra e un po’ anche di traverso. Lui è moro, bianco anche lui di carnagione, alto. No, non bellissimo, ma ha un corpo equilibrato, un neo interessante vicino all’occhio, barba rasata da poco, labbra piatte, ma lisce e ben disegnate. Lui è di qui. Lei non è di lì. Lei non parla nemmeno troppo bene il tedesco, ma un po’ tedesca lo sembra. Lei pensa che di certo lui non ha intuito che lei non è tedesca. Lei non sa che lui non l’ha nemmeno vista e di certo non s’interroga sulla sua nazionalità. A lei gira per la testa un pensiero, un piccolo sognetto, uno scherzetto: glielo dico o non glielo dico? Dovrei dirglielo, cos’ho da perdere, al massimo mi ringrazia e niente… non può succeder niente di male. Certo che se invece va bene, beh, potremo iniziare a parlare, in inglese, o a gesti, o magari solo qualche parola e… non è sempre necessario parlare. Potrebbe sorridere, togliermi gli occhiali, forse s’impiglierebbero nel ciuffo, ecco, sistemato per benino nel fermaglio, potrebbe togliermi gli occhiali, dirmi che ho degli occhi molto belli, sì, gli occhi son di certo belli, anche il viso in fondo è carino, e solo perché non rispetto i canoni di magrezza che vengono propagandati dalla società occidentale non significa che io non sia bella… potrebbe apprezzare la mia leggera rotondità, giocare con seni adatti al secchiello dello champagne non solo alle coppette! Potrebbe alzare i capelli dal collo, sentire il profumo della mia pelle, giocare con la lingua dietro il mio orecchio, mordicchiare il lobo… gli sorriderei, mi fingerei sorpresa, direi “was… was machst du?” mi direbbe “dskcfjsloi nakjsdh” non capirei, mi volterei e con le ginocchia appoggiate alla panchina mi siederei sulle sue gambe, a quel punto sentirei il suo profumo, le mie mani tra i suoi capelli corti, i pollici a disegnargli il contorno della fronte, accuccerei il viso fino al toccare dei nostri nasi, sorriderei, mangiucchierei… sì devo assolutamente dirglielo, in fondo non può che fargli piacere sapere che una straniera seduta su una qualunque panchina di questa grande città lo trova bello. Di certo non nuoce, a me farebbe piacere… e poi si vedrà, inutile avere aspettative così com’è inutile avere timori… al tre, mi giro, lo guardo, sorrido, fingo di cercare le parole nella testa e socchiudo un po’ le labbra, poi via: esclamo, aspetto la reazione, eventualmente mi scuso per la pronuncia sbagliata, se non mi toglie gli occhiali con la passione nelle mani pazienza, saluto e scappo. Tanto non lo vedrò più, o forse dopo questo passeggeremo a lungo, andremo al cinema, sceglieremo strade da esplorare e gusti di gelato da assaggiare, di certo gli piace il gelato, magari è addirittura un gelataio, sarebbe perfetto se lo fosse, potrebbe raccontarmi i segreti della freschezza, spalmarmi di vaniglia… mi sembra che si muova, forse sta aspettando qualcuno, devo al più presto dirglielo, prima che scappi, tredueuno...ora!:

- Entschuldegung….
Ecco ho iniziato, non posso più tornare in dietro, non so nemmeno chieder l’ora, cazzo!
- Bitte?
Ha voce profonda, non sembra sentirsi disturbato, bene!
- Ich denke dass du bist schon…
Andata, l’ho detto, andata, yeeeee!!!
- Schon what?
Cazzo cazzo cazzo cazzo, dimentico sempre la umlaut! Cazzo!

domenica 15 agosto 2010

sogno

Eravamo in un prato, erba uniforme, verde, alta dieci centimetri.
Il prato era il nostro letto.
Niente lenzuola, solo vastità e verde,
e rimbalzi come voli.

Archivio blog

unknown ID