venerdì 20 novembre 2020

Comincio io che sono il cattivo.

La stanza è spoglia, una libreria piccola sul fondo, tre grandi quadri su due pareti, una scrivania un po’ vecchia, in legno, con sopra niente, solo un foglio, forse una penna. Dietro la scrivania, sulla sinistra, un comodino con sopra un fax con dentro dei fogli di una qualche pubblicità mandata via fax. Appoggiata per terra al piede destro della scrivania una borsa sottile in pelle.
Il nostro dottore è molto alto, snello, ha gli occhiali e i capelli castani, un po’ ricci, comunque alti anche loro. A tratti ha gli occhi che sorridono. È pungente e prende qualche appunto. Ogni tanto ci blocca, fa qualche domanda. Poi sentenzia o così sembra. Una parete della stanza è coperta da una grande tenda verde tavolino da mensa, come quelle finte finestre degli interrogatori, per sbirciare nella stanza attigua. Tutto nella stanza ha i toni del marrone, del beige, del sabbia, del bosco, di un colto solido vecchiume.
Mi sento a mio agio, è spoglia e poco moderna, e di vecchi materiali da soffitta ma le poltroncine sono comode, la scrivania mi ricorda la mia vecchia scrivania. Quella che mi ha regalato il papà.

Chi comincia?
Comincio io che sono il cattivo.

venerdì 13 novembre 2020

Lavoro a un libro intenso e appassionato, e anche cazzone, umano e umanistico, come direbbe la stessa Réal, uno spaccato del mondo della prostituzione negli anni '80.

qui alcune righe così intense che mi commuovono (il titolo è ancora incerto, l'autrice è Griselidis Réeal)


Ogni uomo che viene qui è unico, e io li amo tutti ogni giorno di più, anche se è dura, insopportabile, terribile, anche se vengono a riversare dentro di me non solo lo sperma, ma anche la rabbia, il dolore, l’amarezza, la dolcezza, la disperazione dei poveri e degli offesi. Sono un’urna segreta, piena fino a scoppiare, pazza e sorda, impotente… e lucida. Rotta. Ogni cosa ha due volti, Jean-Luc Hennig. Anche noi ne abbiamo due, anzi addirittura tre, quattro… E ciascun volto ne ha altri due dietro ai quali possiamo ripararci, perché quello autentico, quello interiore, inafferrabile, non si conosce.

Adesso mi preparo in silenzio per la trasmissione televisiva belga sulle “ossessioni sessuali” e anche per la commissione ginevrina a cui dovrò presenziare il giorno dopo. Lei crede davvero che in tutte queste pubbliche uscite siamo noi stessi? Chi incarniamo esattamente?

La pelle dell’anima è segreta. Chi mai riuscirà a sfiorarla?

La parola, i gesti, sono solo un alibi.

Solo l’orgasmo si avvicina all’autentico. Ma lo viviamo da soli. Incondiviso malgrado le apparenze. Nessuno sente quello che ha provato l’altro. Dopo, si può comunicare. Durante, è impossibile. Prima il tempo si sfalda. Siamo come le foglie di un albero. Quando una foglia cade, l’albero resta immobile, e il vento continua il suo corso. È come se non fosse successo niente.

L’orgoglio umano non vale una briciola!

giovedì 24 settembre 2020

si può essere tristi e stanchi

Mi piace l’autunno, si sa. Il cielo ingrigisce, s’incupisce, e non c’è più bisogno di essere felici e forti. Si può essere riflessivi, si può essere tristi e stanchi. C’è nell’aria la freschezza e l’umidità della notte si trascina fin durante il giorno.
Si corre meglio d’autunno, sotto una pioggerella d’acqua o di foglie.
E poi in autunno si può stare zitti con la faccia da gioconda mentre si prova ad ascoltarsi e capirsi.
L’autunno chiama boschi, vialoni di parchi di città, terrazze alte e venti che arrivano non si sa mai da dove, certe volte già freddi dalle alture, altre curiosamente caldi, dai deserti?
E si mette il giacchettino, il primo maglioncino, le calze.
È arrivato l’autunno e lo accolgo col sollievo di chi può abbassare la maschera e sentirsi al sicuro.

venerdì 28 agosto 2020

ho iniziato la Recherche e me la dimentico man mano se non mi segno le cose belle

 

Durante il lockdown sono stata giù di morale e non solo, non ho ancora aperto gli appunti per rileggere, mi viene qualcosa alla pancia al solo pensiero.

Ho letto molto però, ho letto e riletto i libri a cui ho lavorato, ho letto libri nuovi, ho letto libri lunghi, lunghissimi anche. Ho sempre creduto di essere una lettrice da libri corti, agili, intensi ma gestibili – invece mi sono riscoperta più paziente e tenace, capace anche di distribuire la lettura e non solo di gettarmi nelle letture voraci.

Così, anche se il lockdown era finito e l’estate nel pieno e i lavori sono ripresi come proiettili dum dum (quei proiettili che entrano e una volta dentro esplodono in modo da ferire quanto più possibile) ho pensato di iniziare Proust, ho cercato l’edizione giusta, l’ho ordinata in un unico volume - perché economicamente era un investimento comperare quell’edizione nei quattro meridiani o nei cofanetti - e poi una volta ricevuta ho capito che è poco pratica e in biblio ho preso il primo libro nella stessa traduzione ma in un’altra edizione più facile da trasportare.

E l’ho iniziato.

Riesco a leggerlo solo la sera, poche pagine per volta, sono ancora al primo libro. Certe sere mi annoia con le descrizioni meticolose, altre sere è così denso che per capire devo usare tutte le forze, altre sere ancora è illuminato e mi apre gli occhi con la consapevolezza che mi regala.

Ieri sera è stato così, e siccome non è la prima volta e il libro è così grande che mi ci perdo ho pensato fosse buona cosa segnarmi qui certe frasi o concetti che mano a mano leggo e mi piacciono o ci devo ritornare.


Libro 1, Dalla parte di Swann (Ed. Mondadori, trad. Raboni)


Ma all'età già un po' disincantata cui Swann si approssimava e nella quale ci si accontenta d'essere innamorati per il piacere d'esserlo, senza eccessive esigenze di reciprocità, quell'avvicinamento dei cuori, pur non essendo più, come nella prima giovinezza, lo scopo verso il quale tende necessariamente l'amore, continua in compenso ad essergli connesso da un'associazione di idee così forte che può, precedendolo, divenirne la causa. Un tempo si sognava di possedere il cuore della donna di cui si era innamorati; più tardi, sentire che si possiede il cuore di una donna può bastare a farci innamorare di lei. E così, nell'età in cui sembrerebbe, poiché nell'amore si cerca soprattutto un piacere soggettivo, che il gusto per la bellezza della donna dovesse avere una parte decisiva, può succedere che l'amore - l'amore nel senso più fisico della parola - nasca senza che vi sia stato, alla base, il precedente del desiderio. A quell'epoca della vita l'amore ci ha già colpiti parecchie volte; la sua evoluzione non segue più soltanto le proprie leggi ignote e fatali davanti al nostro cuore stupefatto e passivo. Noi gli andiamo in aiuto, lo alteriamo con la memoria, con la suggestione. Riconoscendo uno dei suoi sintomi ricordiamo, facciamo rinascere gli altri. Dal momento che la sua canzone, incisa per intero dentro di noi, ci è familiare, non occorre che una donna ce ne suggerisca l'attacco - pieno dell'ammirazione suscitata dalla bellezza - per recuperarne il seguito. E se comincia a metà - là dove i cuori si avvicinano, dove si parla di non vivere più che l'uno per l'altra - siamo abbastanza esperti di questa musica per poter subito raggiungere la nostra partner al punto esatto in cui ci aspetta.

martedì 10 marzo 2020

Le persone, ovvero riflessione sull’inaspettata pienezza umana che scopro ai tempi del virus

Dopo due mesi faticosi vado in pausa, come l'Italia. Finalmente nel lavoro che in questi mesi ha richiesto di più è chiaro che per venticinque giorni non si fa nulla, si riprende solamente dopo.
Meglio per me, mi dico egoisticamente, che ho altri due lavori indietro e di quel lavoro alla fin fine ne ho quasi piene le palle, è tutto un fare e disfare e stare dietro a tutti. E poi ormai ho il ferro a livelli giusti riesco a correre senza boccheggiare.
E così parto per il mio letargo nei libri e le passeggiate e le corse, tra l’altro lavoro a un libro bellissimo, ambientato nell’Artico, con tutta la solitudine e la bellezza che uno può immaginarsi.

In queste notti però, come nel pieno del lavoro, ecco che la mattina presto presto mi sveglio coi pensieri: chissà se X è poi partito per il viaggio, chissà se Y è diventato papà, chissà se Z che ha i genitori vecchi è preoccupato, chissà se A sta lavorando o è a casa, chissà se B lavora da casa, se C ha poi fatto quella cosa là di cui mi ha accennato, chissà se D è riuscito a rientrare dal viaggio, chissà se E studia per gli esami adesso che ha il tempo, e se a F fa piacere stare coi figli o è già stufa… e così per tre/quattro alfabeti.
Così nel dormiveglia da tre quattro giorni mi dico: chiama, chiedi, tu sei la responsabile alla fin fine. Il collegamento. Tu sai i cazzi di tutti, chiaro che poi ti svegli la mattina per vedere come è andata a finire...
Così stamattina ho scritto una mail, facile facile, in cui racconto cosa faccio e chiedo agli alfabeti come stanno, che fanno. Dico loro che li penso, che dobbiamo tenere duro, che soprattutto, anche se è tutto in stop, non dobbiamo dimenticarci l'un l'altro, che mi mancano.
E le risposte che arrivano mi regalano una fotografia del mondo, di questo mondo, di un mondo che va avanti e che è fragile ma tanto umano. Un mondo in cui certi son già stufi di provare a tenere a casa i figli adolescenti, di chi è fermo in svizzera e aspetta a rientrare, di chi è senza lavoro e ha giorni lunghissimi, di chi è nel sud a guardare il bel tempo dalla finestra, di bambini nati che sembrano morbidissimi, di chi riscopre la bellezza di una colazione lenta con la propria famiglia, di chi ha paura, di chi ha per compagna un'infermiera e non la vede da giorni, di chi non conosco ancora di persona e mi dice che quel messaggio gli apre il mondo di ciò che ha lasciato, di chi mi manda cose divertenti... un mondo pienissimo di cose vere e inaspettate e umane, che mi riconcilia col mio ruolo e per certi versi anche con questo lavoro.

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