lunedì 29 dicembre 2014

homeland - spoiler di sicuro

A me le cose che finiscono piacciono.
sono rassicurata dalle cose che finiscono, dal mettere il punto alla fine della frase, dai circoli che si chiudono, dal dolore e dalla perdita che permettono di andare avanti un gradino più in su.
un mondo pieno di virgole mi darebbe il voltastomaco come i sempre felici e contenti, che sembran sempre prigioni più che vite.
mi piace chi si prenda la responsabilità di chiudere, di dire no, di dire basta.
nel mio mondo non è tutto ritrattabile, non è sempre ritrattabile.
il che non vuol dire che il fatto è fatto, ma vuol dire che le cose hanno un loro peso, una loro vita, una loro morte.
una visione di sicuro discutibile, sono io e mi fa piacere che il mondo sia vario.
detto questo, e parrà che poco centri con homeland, l'anno scorso credevo che fosse finito, lo credevo veramente, brody era stato impiccato e mi pareva una bellissima degna fine. poi è riiniziato anche quest'anno e l'ho riguardato, sempre con grande piacere. una puntata brody s'è ripresentato e ho avuto un tuffo al cuore, perché far vacillare quella sicurezza (l'abbiamo visto, abbiam sofferto e tutto quanto), far vacillare quella sicurezza era da stronzi e sarebbe valso un bel smettere di guardare homeland. Comunque era solo un'allucinazione, non era tornato in scena davvero (a parte reincarnato nella bruttissima figlia di carrie che sembra davvero un bambino con incollatata la faccia ritagliata di damian lewis!).
Eppure ho appena guardato l'ultima puntata, e quest'anno la fine non è per niente una fine: quinn sempre più bello parte in una missione suicida perché non ha una vita, non ha più se stesso, ha paura del vuoto (e bravo quinn, bonjour, ce l'abbiamo tutti paura del vuoto e del tempo vuoto, possibile cazzo che senza il dramma hai paura di un giorno di vuoto? mai sentito parlare di passeggiate alcol libri sport serie tv...) e saul pare che di colpo non abbia più una moralità, così, di colpo se la faccia con quello che somiglia cheneso al cattivo di aladin (murray abraham), ma ti pare credibile? Zero. E carrie dopo aver sedotto un pachistano minorenne per usarlo per arrivare allo zio terrorista, essersi quasi fatta il principino del governo pachistano, aver avuto per dodici puntate st'attrazione con il sexxissimo quinn ecco, se lo fa, poi lo allontana, poi lo rivuole,
e io ho paura, ho la sensazione e il timore che carrie stia dientando brooke logan, e inizio a temere che homeland stia diventando beautiful.

mercoledì 17 dicembre 2014

sui fallimenti

vorrei perdere la memoria oggi, e non sapere più che non ho fatto bene ciò che dovevo fare.
vorrei un bottone che mi portasse indietro due mesi per fare diversamente.
vorrei qualcosa che mi facesse sentire non così stanca, così stufa, nemmeno tanto sbagliata.


sabato 13 dicembre 2014

Oggi il regime è un regime democratico etc. etc. però quella aculturazione quell'omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente a ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della società dei consumi invece riesce a ottener perfettamente, distruggendo le varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini...




Ecco, quando provo a spiegare perché l'ikea, mcdonald, h&m mi fan rabbrividire vorrei riuscire a farlo così.

mercoledì 3 dicembre 2014

Causa ringraziamento salta l'appuntamento con Homeland... mi colpisce sempre sentire nelle piccole cose pratiche un'intromissione diretta dell'altro distante.
Subire qui adesso l'influenza della festa del ringraziamento negli Stati Uniti.

venerdì 28 novembre 2014

di prima sera

Preparo i laboratori, e quest'anno m'ingarbuglio nelle questioni di genere. Soprattutto della questione femminile. Leggo di aborto, leggo di pubblicità sulle bambine, leggo di lifting e delle grandissime pressioni che la donna, solo perché donna subisce. Che io subisco.
Si cresce con la convinzione di dover essere brave, anche quando questo va contro ciò che si è. Si cresce con l'obbligo di essere belle, pettinate, curate, gentili, pazienti. Anche quando non ci piace tanti il rosa e le gonne, anche quando si preferisce guadare il fiume piuttosto che raccogliere un mazzolino di fiori. E più si cresce più le aspettative crescono con la donna, che a seconda delle età dev'essere bella (quello sempre, la condanna), seducente, magra, vergine, madre, indipendente, giovane...
la bambina diventa donna con l'idea di dover piacere!

L'altra sera al locale chiacchieravo con degli habitué, che mi piacciono e mi stanno pure simpatici. Si parlava di qualcosa che non ricordo e a un certo punto uno a detto: con le vecchie?; riferendosi a due donne, che pure vengono sempre. E io l'ho guardato e ho detto che non mi pareva una parola giusta, visto che mi sembrano due bellissime donne, adulte, ma anche brillanti. Si è scusato, ha detto è un modo di dire. Non ho tanto ribattuto. Ma ho pensato. Ho pensato a queste due donne, davvero belline, magre magre, capello lisciato, viso un po' tirato ma non deforme, adulte ma non vecchie e comunque belle per esser così adulte. E me le sono immaginate a correre e in palestra a sudare e stare a dieta e truccarsi e nel frattempo lavorare (e credo siano avvocate) e studiare. E poi così, una sera, al locale, uno che mi sta pure simpatico, panzom e bevibirra me le definisce vecchie. Solo perché non sono giovani. Nonostante tutti i modi con cui poteva definirle.


E poi sull'aborto ho letto una considerazione interessante sull'internazionale della scorsa settimana. Io sono di certo favorevole al diritto delle donne di abortire, ma non è un diritto che mi rende felice. Ho sempre pensato che in molti casi basti un po' di testa per non trovarsi incinte. E mi ha sempre turbata l'idea che possa essere una scelta solo femminile, ho sempre ragionato sul fatto che al di là del corpo c'è anche una figura maschile che ha contribuito e l'idea che questa persona non avesse voce in capitolo, non so, non mi ha convinto. Ho sempre trovato un po' ingiusto che se un uomo non vuole il bambino possa facilmente non riconoscerlo nel caso in cui invece la donna lo voglia, e al contrario se la donna non lo vuole e l'uomo sì c'è poco da fare. (uso un linguaggio spiccio stasera, scusate) Prima però leggevo questo, e mi pareva un buon punto di vista, e mi fa credere che in effetti le cose da considerare sono tante.

internazionale 1078, p.44

giovedì 20 novembre 2014

A volte penso che se dovrò mai partorire metterò un fiocco giallo sulla porta!

Grazie buona serata

Al locale viene sempre sempre un gruppo di stranieri. Io li chiamo gli erasmus, sono per lo più dalla Germania e non sono erasmus, bensì ricercatori. Sono piuttosto brutti, sia singolarmente che in gruppo. Parlano sempre inglese, bevono per lo più birra media e vino rosso, groppello di revò, quando c'è. Sono qui da almeno un annetto, di sicuro da gennaio, forse anche prima, ma non ricordo di preciso, sono quattro o cinque, a volte molti di più, ma gli abitué occupano un tavolo o meno, di solito. Arrivano a fine serata, bevono un paio di giri, a volte mangiano qualcosa, poi pagano separatamente e vanno via. Io mi ostino a parlare loro in italiano, sennò sarei ancora qui a dir loro beer al posto di birra. Eppure loro, è pazzesco, si ostinano a non parlarlo. Così ieri è successo il patatrack. Proprio a fine serata. Proprio dopo una serata piena e pazza, dove la cassa a un certo punto non stampava più scontrini e si è dovuto segnare ogni sommetta su un quadernone con quadratini fittissimi, che neanche il registro dei prof c'ha le caselle così piccoline. Fatto sta che a fine serata arrivano alla cassa, sogno gli ultimi. Primo: due birre medie. - Otto euro. - Grasie. -Grazie a te, buona serata. Secondo: un groppello (con quella erre aglofona, ma porca madosca, sei tedesco, ce l'avete forte la r, mica trascinata!). Paga e via, poi arriva il terzo. Il terzo: una birra media. e io: quattro. E lui mi dà cinque. e io gli do uno. e lui se ne sta lì, impalato, mi guarda. E io lo guardo e penso che gli ho dato il resto giusto, e che devono pagare altri due quindi può spostarsi. Fa una faccia strana, guarda me, guarda quello dietro di lui e dice con aria strafottente: doesn't she give me the check? 

Bum. Devo essere sincera, a me chi parla di me chiamandomi lei quando sono lì davanti mi fa salire la rabbia.

Stacco uno scontrino non fiscale, perché la cassa non funziona, quindi quelli fiscali non li posso fare. Faccio un respiro bello profondo e prendo la rincorsa. Lo guardo e gli dico: I cannot believe, i really cannot believe. It is one year that you are here and You still don't know the name of the recipit in italian. 
E lui mi guarda sorpreso, spaesato, poi si fa un po' aggressivo: what do you want? is not your business what i say, you are just a waitress.
E allora mi calmo e faccio di quegli occhi che perplimere di più non si può e penso che è proprio un deficiente. Che lui e il suo gruppetto è qui da un anno, da un cazzo di anno, a ricercare non so cosa all'università di trento, e non ha ancora imparato la parola "scontrino". E gli spiego che non sono per niente una cameriera, ma una barista, se proprio vogliamo essere precisi, e che il mattino lavoro in una casa editrice e faccio un laboratorio nelle scuole, e un corso per diventare sommelier, ma che se vuole posso ricavarmi un paio di ore settimanali, per dargli ripetizioni di italiano.
Lui non ci può credere, io non ci posso credere.
Si chiama scontrino, gli dico in italiano buttandoglielo davanti. Lo prende e si sposta.


ps: dal bum in poi è tutto nella mia testa...


venerdì 17 ottobre 2014

lavoro - famiglia

Non voglio più fare revisioni con mamme traduttrici. Sono stufa di staccare e riprendere un lavoro a seconda del ritmo sonno veglia dei pargoli. Provare a concentrarsi su un testo mentre nella stanza c'è suono di canzoncine, di trenini, di capricci. Per me questo non è lavorare, e non è nemmeno avere rispetto del mio tempo e del mio lavoro. E credo che nonostante sia indubbio che i figlio possono essere  una priorità è anche giusto tenere conto delle altre persone che di figli non ne hanno proprio perché non sentono alcun desiderio di legare la propria quotidianità al ritmo sonno veglia di nessuno.
Frustrata.

martedì 14 ottobre 2014

giovedì 4 settembre 2014

Cos'hai mangiato oggi?

torno da scuola, nel pomeriggio, e la nonna mi fa segno di avvicinarmi. unisce le dita della mano destra fino a  farla sembrare un becco, picchietta sulla mia testa, poi si annusa la mano e inizia a elencare una lista di cibi. Prova a indovinare ma non ci azzecca quasi mai.
Certe volte sono io a dirle cosa ho mangiato e chiederle, lo senti?
E poi la guardo ansiosa che indovini, che abbia davvero il potere di sentire l'odore del cibo che filtra dai capelli, dalla testa. Forse con lo sguardo le suggerisco le risposte, non so perché ma non voglio che sbagli.

sabato 12 luglio 2014

debiti

Ritrovo la nonna nei libri che leggo. La nonna nei libri diventa la mia nonna libro dopo libro.
Il segno della croce fatto sul palato con la lingua ad esempio, è della mia nonna oltre che della nonna del libro di Maja Haderlap? O ricalco le nonne in assenza della mia? E il con un sei e con un quattro ecco un viso bello è fatto, è della nonna che senza staccare la matita dal foglio mi disegnava una faccia stilizzata coi numeri oltre che del libro di Marquez? C'è un antico sapere che a me portava la nonna che ritrovo nella letteratura. E quando lo trovo mi ci abbandono. Come in quegli anni d'infanzia sul terrazzo, in campagna, sotto il gelso, a montalbano con pausa forzata sulla panchina a metà strada, sulla seggiolina bianca e la nonna sul divano a giocare a carte. A briscola, tresette marianna, scopa (raramente, persino la poca passione per questo gioco m'ha trasmesso), certe volte i solitari e colorare e imparare filastrocche e poesie. Certi giorni mi chiedo quanto sono debitrice alla nonna per lo sguardo inevitabilmente narrativo che ho sul mondo. Mi chiedo quanto quelle filastrocche abbiano influito sul mio sentire il ritmo, su quanto le sue storie, i suoi giochi con le dita (quelle dita grassocce con la fede sempre pulita e luminosa e le unghie fortissime forse troppo forti e curate, con quegli smalti perlati, rosa, bianchi grigi a volte) abbiano cambiato il mio modo di pensare mentre mi facevano crescere. Più cresco e più rileggo il mondo dell'infanzia, più mi rendo conto di quanto sia debitrice a quella donna di cui non so nulla se non la sua nonnitudine. E continuo a ritrovarla nei libri degli altri, ad aggiungere ricordi ai ricordi. Sempre lì, nel giardino dell'infanzia.

martedì 24 giugno 2014

I love italy

A me l'Italia piace, da pazzi. Mi piacciono i suoi colori, le sue diversità, le sue difficoltà.
Mi innamoro dell'Italia ogni tre per due. Mi piacciono i suoi borghi e le città, mi piacciono i laghi e le montagne e il mare, tantissimo mare. Mi piace come mangiamo, mi piace il vino. Mi piace che ogni posto è diverso dall'altro, che il paesaggio, la gente, il modo di parlare il cibo e tutto quanto cambia spostandosi anche solo di qualche chilometro. Mi piacciono quegli stereotipi così maledettamente veri che piacciono ai turisti. Io li capisco che vengono in vacanza in italia, perché anch'io spesso quando finisco il lavoro e faccio un bagno al lago mi sento subito in vacanza. Mi piace l'italiano, lo adoro l'italiano, è una lingua che sa essere precisa e scorrevole, che ha suoni puliti, che gode di una grammatica aperta, tanto ricca di eccezioni di usi si colori locali da poter essere studiata tutta una vita per capirla davvero. Mi piace che non sia un paese facile e dove tutto funziona. E non parlo della politica o dei grandi problemi, quelli li subisco e mi scoglionano, quelli mi rendono la vita difficile e non mi fanno permettere niente di niente, e non parlo neanche della tv o del ruolo della donna nella società, e neanche del concetto di famiglia che non riesce a emanciparsi per niente da un'idea retrograda e non più funzionante, e neanche delle scuole alla deriva, e nemmeno della macanza di lavoro, della vacuità di una grande parte di popolo non pensante. Ma le difficoltà, quelle piccole, ad esempio coi mezzi, quelle con la gente che non parla tanto le altre lingue, quelle coi dialetti, con i clacson, col parlar forte... non so, ste cose le guardo da fuori e me ne innamoro, come se fossi una turista, e godo, godo di sapermi un po' muovere in un paese così complesso.

mercoledì 11 giugno 2014

la carne dopo la carne - e parlo dell'uomo, non del cibo

ho appena concluso Geologia di un padre, di Valerio Magrelli. Sono toccata turbata.
Negli ultimi mesi in modi più o meno vicini la morte si è presentata nella vita, nell'orizzonte.
La morte mi fa pensare sempre. A volte nella testa imbastisco una lista che riguarda la morte:
- la morte comincia sempre dai piedi.
- ricordarsi di avvisare i vivi che i morti sono morti
- le agenzie funebri (che agenzie non è la parola giusta ma non ho voglia di cercarla) che ho presente solo e solamente nei film
- ...
E poi ieri è morto uno zio, e ha lasciato sola la zia. Nel pomeriggio sono stata lì, a casa, tra le donne. E il riso s'è mescolato al pianto, e la vita era tra le dita, nei ricordi. Un pomeriggio vivo, alla Satrapi.
E oggi ho finito questo libro che racconta del padre, vivo e morente, sempre con la morte che inizia dai piedi (caviglie, dice). Un libro così franco da stupire per la sua sincerità, per le ammissioni, per le debolezze. Un libro che fa tornare umano l'uomo.

"Così scendeva in mare come si scende a patti. Pallido, freddoloso, diffidente, un piede prima, poi la lunga frizione del busto, il costumone che si inabissa e infine la spinta nel bagno lustrale. Circospetto, severo, lo vedo mentre incrocia avanti e indietro, a tre metri da riva"

martedì 3 giugno 2014

alla deriva

Alla deriva, fumetto di Matt Madden

La deriva mi sta a cuore. non è un luogo, è una direzione, un verso. l'abbandono sembra scegliere questa via, la solitudine, il sogno. La deriva mi sta a cuore e mi rincuora che ci sia, la via di fuga.  distanza. abbandono. punti di vista.

domenica 1 giugno 2014

GM

Il grande male bussa alla grande 'sta domenica sera, dà calci e pugni alla porta.
Ferma non gli do ascolto. Con fermezza pulisco le finestre, lavo le tazze e i piatti nel lavello. Spazzo il pavimento. Faccio una lavatrice e la stendo.
Lì, imperterrito, aspetta che io ceda. 
E so che se resisto è perché il giorno è maledettamente lungo, tra i più lunghi dell'anno. Proprio oggi che sono sola. Proprio oggi che il grande male vuole entrare.
Ma io resisto. Almeno finché c'è luce. E mi dico: cazzo, se sei sopravvissuta a quel giorno di giugno che il mondo ti stava crollando addosso. se quel giorno di giugno sei stata così salda così forte brava, vorrai mica cedere adesso, vorrai mica aprire adesso che hai tante tra le cose che vuoi.
Adesso che puoi respirare a fondo e prendere la bici e scappare su una montagna.
E ferma tengo duro, e prego di svenire appena viene buio, che sennò finisce che vince lui.

mercoledì 14 maggio 2014

il pastore

Correvo in ciclabile, e ho incontrato il pastore, ne avevo già incontrato uno, tante volte, stavolta si tratta di un altro, più vecchio, sempre e comunque con la pagliuzza in bocca.
C'è qualcosa nei pastori che mi porta via, penso sia il camminare, giorni a camminare.
Comunque, oggi correvo verso la Montecatini e man mano che mi avvicinavo vedevo il gregge di caprette, ordinate, in fila come quelle di babe maialino coraggioso, mi hanno addirittura lasciato uno spazio quando stavo per passarle.
Ho guardato il pastore e gli ho detto:
Che brave!
Lui mi ha guardata e ha rsposto:
Le g'ha caldo.

E in effetti calpestavano proprio l'ombra del ponte, l'unica porzione di strada dove il sole non batteva.
Per il resto della corsa non ho pensato ad altro, ho provato nella testa a disegnarlo come una striscia, senza mai riuscirci, sono monca, ho solo le parole, persino nella testa.

giovedì 8 maggio 2014

è maggio troppo presto

quest'anno maggio è troppo presto. voglio il tempo dell'infanzia, quel tempo dove ieri e oggi e domani sono solo un lungo presente.
è maggio troppo presto e io non sono pronta, gli usignoli cantan già di notte, e l'aria è già tiepida, e il caldo è più caldo fuori che dentro, e il salone del libro è già iniziato. e io ho appena appena reimparato a stare su una bici, e i giorni son già lunghi e le notti son già brevi, e gli impegni diventano macigni, come a settembre.
è maggio troppo presto, rivoglio aprile, solo per un po', solo una settimana dieci giorni, rivoglio aprile!, per prender la rincorsa e non perdermi anche maggio, e non perdermi anche di maggio.

martedì 29 aprile 2014

Lasciami sola in questa note sola.

La pioggiona arriva di notte, adesso, quando sono sola nel cuore della stanchezza. La pioggiona arriva adesso, nel centro della notte con gli occhi sbarrati. La sento scendere fissa come un muro, ampia come una tenda irremovibile, come tapparelle che gracchiano, come sassi sui finestrini e sui cofani e tra le grate. La pioggia arriva adesso, non ieri che dormivo tra le braccia. Non l'altro ieri nella cittadina sul mare. Oggi. Oggi senza voci di anglosassoni ubriachi e senza rumori di serrande che si aprono e chiudono. La pioggia arriva oggi che son sola e stanca e non dormo. E allora la accolgo, apro la finestra, sento il suo odore, il freddo che si porta appresso. E lascio che lavi via i pensieri, glielo chiedo ad alta voce, porta via il pensiero di Torino, porta via la presentazione di domani, porta via il libro da chiudere e la collega arrogante, porta via le urgenze, i piani, i distacchi, le distanze, le fini. Lasciami sola in questa note sola. Annega il mondo e fammi isola, solo stanotte, solo fino a domani.

venerdì 18 aprile 2014

Meriggiare pallido e assorto

Meriggiare pallido e assorto è una delle mie poesie preferite, anche se non amo troppo la poesia.
Con Montale però è stato subito amore, fin da ragazzetta, e anche se sono senza memoria qualche sua poesia la so ancora.
Ieri correvo, e pensavo a meriggiare pallido e assorto.
è una delle mie preferite e credo sia così perché montale fa vedere le cose. Le fa capire senza dirle, le mette davanti come un film, tanto che spiegarle con le parole diventa difficile, bisognerebbe tradurre dall'immagine a un pensiero razionale.
Comunque, la scansionavo avanzando piano, sotto il sole, forse per questo m'è venuta in testa.
Il caldo del mezzogiorno, l'arsura, la fatica.
E alla fine, in quella chiusa tanto perfetta mi è baluginata un'alternativa:

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di conchiglia.

Ho solo sostituito conchiglia a bottiglia. Starebbe bene, forse starebbe meglio, mi dicevo correndo, e mi chiedevo perché abbia proprio voluto mettere bottiglia.
Mi sono risposta che forse è perché non voleva incolpare la natura, bensì l'uomo.
Incolpare di ché? del travagli, di quel pericolo lì in cima, in agguato e ben noto a chi cerca di scavalcare il muro.

giovedì 10 aprile 2014

lista

non tollero quando le mail di lavoro finiscono con: un abbraccio.
ma cazzo, agente dell'autore, funzionario di banca, libraio impertinente, abbraccia i tuoi amici, i tuoi figli i tuoi partner... non sporcare con gli interessi di lavoro questo gesto così bello.

A brivio, nome che già mi sta sui nervi, c'è un annuncio funebre che dice solamente: Sara (né nome né cognome o altro). certi giorni penso che sia una minaccia messa dall'ex moglie del mio compagno. se ci credessi davvero lo apprezzerei.



domenica 30 marzo 2014

antibes

cerco casa ad antibes. una casa piccola, luminosa, accogliente.
una casetta che profumi di pane e di mare.
un  nido in cui tornare qualche giorno dai viaggi lì intorno.
un posto chiaro e silenzioso, ma che all'ora dei pasti abbia il rumore delle case con le finestre aperte, quello di posate e piatti e televisione accesa.
cerco passeggiate vento tra i capelli e tra le mani.
cerco sabbia nei vestiti, sapore di sale, sì proprio quello della canzone.
cerco giorni di sole generoso, e moto che ruggisce sulle stradine.
e anche odore di lavanda e di marsiglia cerco.
e vino fresco da bere sulla spiaggia.
rileggo e di colpo mi pare d'invecchiare. quasi ne gioisco, non invecchio sola.


mercoledì 26 marzo 2014

La grande bellezza

appena visto. bellissimo e ricco di spunti. con dialoghi molto spesso brillanti. con un'amarezza che non si piange addosso più del dovuto. e con delle immagini folgoranti.
I primi venti minuti sono mozzafiato, una premessa che vuole quasi farsi promessa.

lunedì 24 marzo 2014

+ 4 + lista

- Oggi il corriere ha almeno tre titoli in cui compare la parola sfigurata riferito a una donna.
la prima è una miss sfigurata ed è caccia al suo compagno milionario russo, la seconda è una donna sfigurata da uno scimpanzé, il terzo una donna sfigurata dal suo stesso cane.
- Oggi viaggio su una macchina in cui ero la più vecchia. è sempre molto forte il pensiero di passare dall'essere la più giovane nelle situazioni all'essere la più vecchia, tra il resto sempre più intollerante.
- Oggi al lavoro faceva freddo, ieri grandinava. oggi lavoravo con i guanti. sono arrivati i libri, i segni del taglio sono troppo vicini al dorso. cazzo.
- oggi la distanza sembra notevole, sia temporale che spaziale. il capitolo 11 di vita e destino è legato alla percezione del tempo: "di qui la sensazione simultanea di breve ed etrerno, una sensazioe che accomuna che danza a capodanno e chi trascorre qualche decennio in prigione. in entrambi i casi la somma degli eventi genera una sesazione simultanea di durata e brevità"; ancora faccio fatica a entrarci, in vita e destino.

lunedì 10 marzo 2014

truly hippyhop

Le caramelle, le ditte di caramelle mancano spessissimo di siti degni, d'informazioni aggiuntive.
Così cerco informioni sulle truly hippyhop non riesco a trovarne nemmeno sul sito della Sperlari, la ditta che le produce. C'è un sito-blog dedicato alla collana "truly", che fa soprattutto gelee e che da poco si è aperta alle gommose, con ottimi risultati, e un formato piacevolissimo - ma è un sito-blog che propone ricette e tisane... di caramelle non si parla. (perplimo)

Le truly hippyhop sono buonissime.
sono ai frutti di bosco, hanno tutte la stessa forma (potevano adoperarsi un po' di più), e hanno colori diversi a seconda del gusto.
notevoli il sapore di lampone e fragolina.
il pacchetto ha una grafica che lascia un po' a desiderare, un po' grossolana e passata di moda senza essere retrò. ha però dimensioni ottime, il desiderato pacchetto da 100 grammi.
la consistenza delle caramelle è strepitosa, sia a pacchetto appena aperto che dopo alcuni giorni.
è quel tipo di consistenza che richiede al dente un po' di forza per entrare ma che subito divide morbidamente la caramella in due pezzi senza che questa si attacchi ai denti e senza che ne esca schiacchiata o deforme.
il sapore diverso da gusto a gusto è riconoscibile.
voto 8



ps: la sperlari è nata a Cremona nel 1836, ora fa parte del gruppo Cloetta (svedese - che l'anno scorso ha acquisito la leaf international che aveva già acquisito da pernigotti la sperlari).
C'è una cosa della sperlari che mi tocca nel profondo, è il cofanetto delle gelatine, forse a casa a qualche parte ce n'è uno, o forse due. Me lo immagino, quest'uomo dei dolci che un giorno pensa di ampliare, e non dedicarsi solo ai torroni, ma anche alle caramelle, e poi che decide d'investirci, e mette le caramelle per la prima volta in una bella confezione regalo, lì dove prima c'era posto solo per i cioccolatini. e mi chiedo se non sia anche grazie a questo che poi ai maati si portavano caramelle... ma qui ci sarebbe da fare una storia della caramella gommosa...

mercoledì 26 febbraio 2014

Short term 12

Eccolo. Short term 12 è un film passato in sordina in italia. Bellissimo, umano, emotivamente molto carico, ma rispettoso. è un film da vedere, da proporre, da diffondere.
è un film sincero, nato da una produzione indipendente. il regista è nato alle hawaii, e questo è il suo secondo film.
Sono rimasta travolta, mi pare un dono quello di saper raccontare storie difficili in modo semplice. quello di avere tra le mani una materia che brucia e proporla senza voler fiammeggiare, proporla con umiltà, lasciare che scorra.
faccio un respiro, penso a chi lavora in comunità, a chi sta con ragazzi prolematici, a chi vive storie piene di dolore; mi chiamo fuori, per debolezza, perché a me piace star nei libri; poi penso a diego che invece ha questa vocazione, questo cuore. non so, mi vien da piangere. è un film che fa piangere.


La vita di Adele

da molto tempo non mi capitava di essere in totale disaccordo coi critici cinematografici.
non m'intendo di cinema, la premessa; ma mi piacciono le storie d formazione. mi piacciono le persone che crescono e fanno delle esperienze e mi piace spiare come crescono e come accolgono la vita, e come la vita educhi e diseduchi, e tormenti e regali.
La vita di adele però non mi è piaciuto, soprattutto dalla prima scena di sesso lesbo in poi. ma forse anche prima. proprio come scelte registiche non mi è piaciuto, nonostante sia una storia di formazione.
Mi pare che il regista tenda a indugiare sui difetti, sui dettagli del corpo vivo.
tante persone che mangiano e parlano, e parlano e intanto un pezzo di cipolla esce dalla bocca e si poggia sul labbro, e un dito pulisce qualcosa tra i denti, e il contorno delle labbra s'arrossa per il sugo, e il kebab si spreme nelle mani. realtà? sì, ma una realtà che l'educazione e il senso del ribrezzo m'invitano a girarmi dall'altra parte o a passare un tovagliolo, non a guardare con insistenza, con primi piani giganti a riempire tutto lo schermo. Così vicino che si vedono solo i difetti, quella bocca di ragazzina che non si chiude mai (!), quei capelli un po' unti.
e poi sta prima scena di sesso di sei o sette minuti, lunghissima, noiosetta, forzata addirittura.
La storia è normale, per questo ci si chiede perché duri tre ore. La storia di una ragazzina che scopre la propria omosessualità (o forse bi-) e si lega a una compagna più grande, più colta, più inquieta. E così l'amore finisce, e rimane una passione che non può essere più soddisfatta.

giovedì 30 gennaio 2014

la laurea, cinismi dell'ultimo momento

Il rumore del fuoco che scoppietta, quasi quanto quelle bollicine di plastica degli imballaggi.
Mancano due settimane alla consegna della tesi. E poi un altro mese per la discussione. E m'interrogo. Da qualche settimana m'interrogo sul valore delle cose, sulla vacuità dei percorsi.
Certi giorni lavoro così tanto a PC che mi fan male i polsi, che c'ho il callo da mouse, adesso sento male ai polsi. Sbattimento, sbattimento, viaggi a Verona, solitudini, treni, lavoro in ritardo, esami, libri da procurare, idioti sui corridoi, esami scemi e ottusi, esami da pagina a pagina, libri che non ci sono, slide che non capisco, argomenti che non m'interessano, che non m'interessano, che non m'interessano - e non l'ho copiato tre volte, l'ho scritto lettera dopo lettera, perché vale di più – e anche leggersi la biografia di un libro e venir ispirata da un autore vale più di da pagina a pagina. E anni. Un tempo lunghissimo, estati, inverni e sì, anche gli autunni e le primavere, e le sessioni settembre gennaio estate. Di nuovo, gennaio settembre estate. Di nuovo. E quel piano a cui si toglie una voce ogni morte di papa, per completare tutte quelle materie dai nomi belli e dal vuoto cosmico. Delusione. Sbattimento e delusione. Fatica e delusione. Qualche soddisfazione, soprattutto all'inizio, ché credevo d'essere ormai fuori tempo, in ritardo, la più vecchia dell'università. Poi basta, poi solo impegni, e voglia di non far parte di quel gruppo. E voglia di sentirmi superiorità perché ho le bollette da pagare e due lavori da gestire e un amore a distanza e l'università, l'università scende giù al penultimo posto, non è la priorità. Ma per anni è lì, e macera nella testa, e alla fine restano gli esami più inutili, brutti e difficili. Poi gli esami, lì all'uni, finiscono. E la città pare di colpo più ariosa. E i giorni anche. E sì, adesso la tesi e poi la laurea. Il solito bravo soldatino, un obiettivo alla volta uccide tutti, uno alla volta e fa il vuoto. Ingobbisce il soldatino, perde la vista il soldatino, gli vengono i calli ai polsi al soldatino, riempie e svuota la testa di nozioni a comando, il soldatino. Uffa. Così è da qualche settimana che m'interrogo. Ma perché? Ma a che pro? Mi serve? Risposte più vacue del percorso, risposte di due tipi: le risposte cerotto e le risposte lametta. Di fondo la sensazione d'aver perso tempo, d'aver aumentato il mio valore di mercato pur non riconoscendo questo mercato, pur pisciandoci sopra, a questo mercato. Ma manca un mese, chissà magari lì il papà mi guarda ed è contento, e allora magari anch'io.

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