sabato 8 gennaio 2011

corpo vs parole (parte 1)

Siedono. Lei tiene un libro tra le mani e ne legge dei passi. Lui ha gli occhi chiusi, la ascolta. Sono in salotto, dalla finestra entra una luce che ricorda la sera.
È sdraiata nel suo letto da due giorni. Nulla la fa alzare, non vuole aprire le finestre. Giace nel suo piscio...
S’interrompe un istante, sbircia da sopra gli occhiali, trova quello che cerca, arriccia gli occhi e incalza
“Sì! Ha scritto proprio piscio. Che ti piaccia o no non è una che usa solo parole da signorina”.
“Smettila”
“Cosa smettila?, ho visto subito la faccia che hai fatto, ho visto incresparsi un sopracciglio, la narice sinistra si è leggermente sollevata, quasi fosse spolverata di pepe”
“non è vero, ma scrivere giace e aggiungere piscio... beh, rovina anche la parola giacere!”
“niente rovina niente, come fai a non capirlo?, sono parole, seguono le mode, vanno ad annate, a onde, a profusione limitata nel tempo – non si sgualciscono come i maglioncini, ma a periodi rischiano di puzzare come asciugamani umidi se ogni tanto non le si lava”
“in che senso seguono le mode, e cosa centrano maglioncini e asciugamani? Si è solo involontariamente alzata una narice all’accostamento di giacere con piscio, tutto qui. Comunque non credo che le parole seguano le mode e non credo nemmeno che siano i più o meno colorati vestiti di un discorso. Ogni parola ha un significato necessario per descrivere quella determinata porzione di mondo”
“credo anch’io da sempre che i sinonimi siano grandi narcotici, ma sulle mode... non mi trovi d’accordo. Innanzitutto la moda ha natura comunicativa ed è uno strumento necessario per differenziarsi o aggregarsi, e questo spero mi darai ragione è un bisogno primario dell’uomo...”
“stai dicendo che la moda è un bisogno dell’uomo?”
“interrompermi così non è particolarmente gentile, ma sì, forse sto dicendo questo, se ci pensi da sempre l’uomo usa il suo corpo e le protesi del corpo e i gesti propri del corpo per sottolineare la sua appartenenza o meno a un gruppo. E poi moda mica solo è da intendere come processo di marketing, pensa appunto alle parole, ai nomi propri per esempio, sono gratuiti, hanno un’importanza fondamentale, eppure vanno davvero ad annate, qualcuno ci ha anche fatto uno studio, ma non ricordo chi”
“l’avrai letto nel riquadro delle pagine colte di donnaqualcosa”
“ottimo, oggi scadi facilmente, posso continuare a leggere o preferisci che ti risponda?”
“Non so se voglio ascoltare la storia di qualcuno che si abbandona alla propria minzione”
“sei proprio incredibile, sarà per questo che...”
“che? Che mi sopporti? Che mi rispondi? Che mi leggi pagine e articoli e saggi... da quando non posso più...”
“ti prego adesso non ricadere nel vittimismo, sarà per questo che...”
Si avvicina al suo orecchio, bisbiglia qualcosa.
La narice sinistra si alza ancora, gli angoli delle labbra sorridono, gli occhi rimangono chiusi.
La merda è un problema teologico più arduo del problema del male.
Una mano sfiora il bottone più in alto.
Un respiro s’infila dentro l’orecchio.

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