Questa settimana finisco i laboratori, questa seconda parte è andata
meglio della prima, li ho fatti lavorare di più e discutere di più.
La
griglia con le parole è stata un successo, mi pareva di osservare
moltissimo interesse, mi pareva di osservare che la questione fosse
quasi personale. Sì, personale. Nelle classi multietniche lo è stata per
davvero. Ho presente alcune situazioni che mi hanno richiesto fermezza.
In
primis un ragazzo senegalese che all'inizio del lavoro sui termini si è
impuntato dicendo di sentirsi insultato. In un'altra classe invece, un
ragazzino tunisino era imbarazzato. Mi è parso di intuire che entrambi
non si sentissero a proprio agio nella parola nero, e questo mi è
dispiaciuto, è indice che devono fare ancora un lavoro grande per
accettare la loro identità, è indice anche, forse, che una sorta di
discriminazione forse la sentono addosso.
Il lavoro è proseguito bene e si è dilungato nelle ore successive. Mi premeva non lasciare la lista delle parole a metà.
Penso
di aver visto l'ultilità del lavoro oggi, non so ancora spiegare in che
modo, ma mi è sembrato di percepire una sorta di rassicurazione nel
bollare le parole giuste da quelle portatrici di pregiudizi, dal vedere
significato con significato cos'è un profugo, un rifugiato, un esule,
l'espulsione e il respingimento. Oggi è stato bello, oggi ho fatto un
buon lavoro.
(nonostante la febbre, o forse è grazie a quella che son così clemente??)
Circondata dalle rappresentazioni, dalle narrazioni. Provo a interpretare, a leggere il mondo. Cerco brandelli di realtà, poi rinuncio, poi capisco; e senza pretese m'immergo nello scambio.
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