Parte il muezzin, le acque del Tigri
cambiano colore a ogni cambio di luce, nel giorno sono marroni o
verdi, al crepuscolo sono glauche come gli occhi dei saggi, la notte
sono nere e sembrano feroci.
Parte il muezzin ma è giorno, le acque
sono chiare e fresche, si è fatto un picnic sulle sponde, una
coperta, bottiglie d'acqua per fare il cai bollendola su un falò,
qualche pomodoro e cetriolo, un po' di carne del giorno prima.
stendiamo la coperta sulla sabbietta, sotto un gelso di more
dolcissime, cadenti e fin troppo mature. Il bambino va a pesca di
granchi, chi gioca con l'acqua, chi prepara il tè sotto la calura,
chi legge o chiacchiera. I vicini di albero ci donano una pentola di
bulgur, qui funziona così, sorprendentemente, si condivide il cibo
con tutti. ricambiamo con delle prugne verdi e acide, erik.
Mangiamo, fumiamo, riposiamo. Poi,
all'improvviso Lui ci saluta, sta partendo. Il sole è a metà nel cielo, sembra un pomeriggio come un altro, sembra che niente debba finire e lui parte dal bambinuzzo pescatore e uno a uno ci saluta. Era qui da due giorni, un
qui discutibile, perché l'amore doveva esser già finito qualche
mese fa, ma anche lei era felice che fosse qui, per chiarire e
parlare ancora, per essere vicini e salutarsi...
Ci saluta e vien da piangere anche me,
ché è una persona bella, ché leggo negli occhi cose buone, ché
indirettamente è parte della mia vita già da qualche anno.
Lui è sul ponte, in alto, sopra il
Tigri che veloce spinge a sud; lei è sotto, a bordo del fiume.
Piangono entrambi, soprattutto dentro, ma un po' anche fuori, si
mordono il labbro, rughe sul mento. Si struggono perché finisce un
amore, proprio adesso. Si pone l'etichetta fine. Provano un
sentimento amplificato, di un amore che c'è ma non può compiersi,
perché non è tempo, diranno tra sé e sé.
Lui guarda giù, la maglia a righe
verdi e nere, un po' di pancetta nonostante l'età giovane; ha la
pelle scura, gli occhi cioccolato, le sopracciglia che quasi si
uniscono, lo sguardo buono; fa un cenno di saluto, il cuore
pesantissimo.
Lei è giù, ventosa, azzurra, bianca,
i capelli volano ricci e biondi, è piena di energie. Gli occhi sono
rossi per il dispiacere. Forte è la convinzione di star seguendo il
proprio destino. Forte è la fatica del seguire questa scelta mille
volte rimandata.
C'è un filo che li unisce, che dal
ponte va al fiume, lo vedo persino io, sono sguardi e sentimenti, è
la totalità simbolica di qualcosa che si allontana e s'allenta fino
forse a spezzarsi, appena finisce il ponte, appena in tempo -cinica
aggiungerei.
Lui vorrebbe fermarsi, correre
indietro, rifare il ponte, scendere per la strada di ghiaino e sabbia
e more succose, vorrebbe raggiungerla sulle rive e abbracciarla, e
prometterle di diventare tutto quello che lei vuole. Forse anche lei
per un attimo teorico vorrebbe adesso che si fermasse, che tornasse
in dietro, di sotto, che l'abbracciasse, e diventasse esattamente
chi lei vuole. Ma se tornasse, se si fermasse, voltasse, scendesse...
il sentimento si ghiaccerebbe in un solo istante. Lui diventerebbe un
macigno, il peso di una persona che non la lascia andare. Se lui
rimanesse, adesso, il distacco struggente di un amore passato
diventerebbe l'incubo delle nuove spiegazioni di un infinito lasciarsi.
Ecco, lo sanno entrambi, anche per
questo il filo si tende e l'amore rimane sospeso nell'aria, con tutta
la sua forza e la sua dignità. E infatti si salutano con le lacrime
agli occhi, e lasciano intatto il sentimento passato, la verità di
un amore che è stato.
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