venerdì 20 gennaio 2012

Una donna, carica di borse e sacchetti, si era alzata e aspettava vicino alla porta la fermata successiva. Dai suoi pacchi fuoriusciva un tubo di aspirapolvere.


Fuori campi verdi si alternavano a impianti industriali. Continuava ad avere il respiro affannoso. Il fiato appannava il finestrino. Si appoggiò indietro e passò la mano sul vetro, sulle chiazze fresche di condensa. Da bambina si divertiva ad alitare sui vetri e a disegnare dei visi. Guardò fuori. Piccoli insediamenti galleggiavano in mezzo a orti urbani. Lì in ogni angolo vivevano persone, persone che si alzavano e andavano a dormire, bevevano caffè e vino, tagliavano il pane in fette, si preparavano le borse, partivano e tornavano a casa. Portavano a spasso il loro cani, le loro storie. Davano da mangiare ai conigli e annaffiavano le bordure, raccoglievano l’insalata e i fiori. Erano affamate e sazie. Si amavano e si uccidevano. E il tram attraversava ogni giorno le loro vite come un film, un film che nessuno vedeva.
Si guardò intorno. Un vecchio seduto dietro il conducente sonnecchiava, con in grembo una cartella marrone. Aveva le mani screpolate e abbronzate. Di fronte, un po’ di sbieco, due giovani dinoccolati nascosti dietro storti berretti da baseball si baciavano e sprofondavano dimentichi di sé in quell’abbraccio traballante di tram. Una donna, carica di borse e sacchetti, si era alzata e aspettava vicino alla porta la fermata successiva. Dai suoi pacchi fuoriusciva un tubo di aspirapolvere. [Overath, Nahe tage]

E tutto accade in contemporanea, vengono diagnosticate malattie e curate malattie, e si fanno incidenti e si bacia qualcuno per la prima volta, e piove e c’è il sole, e gli aerei sono in ritardo e ci si annoia all’aeroporto mentre qualcun altro aspetta un vagito. Tutti in attesa della notizia. Tutto in contemporanea, giorno e notte, bello e brutto, dolce e amaro, in tutto il mondo, in tutti i mondi. Quante volte, mentre fumiamo una sigaretta sul tetto ci accorgiamo che lì sotto, per le strade, camminano decine di persone, borse in mano, bambini in mano, lacrime agli occhi, incidenti stradali, chiavi nel portone, fazzoletti al naso, baci sulle guance, parolacce che volano, pensieri che si intrecciano. Quante volte, in treno, il nostro vicino guarda fuori dal finestrino e ci chiediamo perché abbia quel cerotto sull’indice o quel tatuaggio sul collo o quello zaino così grande… chissà dove va, chissà cosa cambia. Non siamo i soli - non siamo il centro, nemmeno quando il dolore più grande ci distrugge. Siamo tutti mondi che si incrociano, magari per sbaglio, mentre tutte queste notizie si diffondono, dilagano, sovrastano. E non sono notizie da niente, sono notizie che cambiano vite intere, continuamente, fanno deragliare, incasellare, straripare, ovunque-chiunque. Beh, ogni tanto, solo ogni tanto, o forse più spesso di quanto mi accorga, con un moto del tutto ramdom, la notizia capita a me, bella o brutta che sia, e a me tocca il cambiamento. [Cinque pedine, S.P.]

Ecco, l'abbiamo visto tutti, e tutti l'abbiamo percepito come una scoperta, come un qualcosa di grande e incredibile. Un mondo di formiche, persone, abitudini, emozioni - ognuno la sua vita, ognuno il suo mondo. L'abbiamo scoperto e non abbiamo più potuto dimenticarlo, perché la sola idea di pulsione e strade che s'incrociano e binari che deragliano e gli amori le lingue i supermercati. La sola istantanea consapevolezza di quanto tutto sia grande e complicato, ingestibile e incredibilmente potente fa sentire (paradossalmente e inevitabilmente) vivi.


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