giovedì 19 gennaio 2012

ospedale giorno 1 _appunti sull'impotenza

Il piccolo signore sdraiato sul grande letto, che poi non è un vero letto, è una sedia, una sdraio in pelle con schienale inclinabile. Il piccolo vecchio sdraiato e vestito di grigio e abbandonato alle sue mille pieghe. La pelle che s'arrotola su se stessa, il signore scompare dentro la sua pelle, la carne si ritrae la pelle s'accartoccia. La dottoressa gentile di colpo lo guarda mentre aspetto seduta il mio turno, gli offre una coperta “meglio, grazie”risponde il signore, grato e abbandonato alle cure in una rilassata impotenza.

Un'immagine, un momento, una chiave: la rilassata impotenza. L'impressione che si ha guardando chi sa di non aver potere e lo accetta senza lottare. Di chi si affida all'altro perché non può fare altro.
Il signoruzzo aspettava fuori dalla stanza, una signora lo spingeva su una sedia a rotelle, la moglie forse, capelli grigi, la permanente, vestiti beige, un fare energico. L'ha accompagnato dentro e poi è uscita ad aspettare fuori la fine delle trasfusioni. E il vecchio dentro era di colpo solo, sulla sedia a rotelle, impotente. Avrei potuto spingerlo a destra e sinistra, magari avrebbe riso. Ha aspettato in silenzio, nemmeno un cenno. Poi l'infermiera l'ha issato sul letto, sulla poltrona, e lui era lì, sembrava quasi che scivolasse giù, ma forse scivolava solo nei vestiti. E chissà perché, ma l'infermiera gentile ha pensato che forse aveva freddo. E aveva freddo. Sono rimasta colpita da quella che chiamo rassegnazione, ma che forse è semplicemente abbandono alle cure degli altri.

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