martedì 28 giugno 2011

Stazione centrale (appunti E,3 - considerazioni sulla grande città)

Gente che scorre verso l'uscita come un fiume irregolare. Tacchi, scarpe ginniche, scarpe basse. Nere, a punta, eleganti. Sandali, sabot. Quest'anno vanno indubbiamente di moda le zeppe, come ogni anno forse. Sul pavimento di marmo il ticchettio diventa soffice per gli altissimi soffitti, diventa cotonato, diventa gocciolio di foglie. Guardo la gente dalla metà in giù, non m'interessano oggi i loro visi, nemmeno dove scappano, già credo di sapere da chi. Cammina buffa la gente, cammina in modo personale. Forse c'è più naturale manifestazione della personalità camminando che non parlando, vestendo, agendo. Come se la camminata fosse tanto un prodotto del corpo e riflesso dello stile di vita da rendere piuttosto difficile una manomissione (manipolazione?) esterna della stessa. Intendo dire che la camminata delle persone è spesso involontaria, incontrollata, anche quando la persona è posata, anche quando la testa esercita un controllo su tutto e filtra il sé per meglio presentarlo alla società... forse la camminata ne resta fuori, dimenticata. Come il ciuffo di capelli che dietro alla testa esce impertinente dallo chignon. Cammina buffa la gente. Non solo chi sta sui trampoli e trascina un trolley sfidando lo scheggiamento del recente smalto sugli artigli della destra, ma proprio in generale. I piedi a volte sono a papera, il bacino è in avanti, in dietro, ondeggia. Il corpo ha una posizione che curiosamente sembra innaturale. C'è chi trascina un piede dietro l'altro, chi marcia, chi alza molto il ginocchio, chi rimbalza quasi ad ogni passo. C'è persino chi s'inciampa nelle proprie ombre, e non cade, grazie a un maestoso colpo di reni.

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