domenica 12 giugno 2011

dolce Referendum (Appunti seggio 8, parte 1)

Il signore alla votazione ha ottantacinque anni, gli occhi azzurri e scintillanti, due denti in meno nell’arcata inferiore. È torchiatello, ha pelle piena di rughe, ma non ancora zeppa. Indossa il vestito della festa, un completo blu, scarpe lucide. Ha capelli radi, bianchi, corti. Parla parla parla. Ha la saggezza del passato, quel tipo di saggezza che non dimora né nel cuore né nella testa, la saggezza che semplicemente dimora nel passato, nella terra. La saggezza dell’ancor prima di nascere.
Racconta un barzelletta, - c’è una vacca che decide d’andarsene dall’Italia, parte pian pianino per andare in Germania, quando è al Brennero incontra un asino, che sta facendo la strada opposta. Si fermano a parlare, la vacca guarda l’asino e gli dice: “devo proprio andarmene dall’Italia, sono stufa, non fanno che mungermi”, l’asino la guarda e le dice “va’, io me ne sto andando dalla Germania proprio verso l’Italia, di sicuro prima di arrivare a metà mi fanno sindaco”-
Il signor Occhio vispo continua a parlare, del re e del duce, entrambi vissuti, della guerra, del lavoro, delle fabbriche, dei sindacati, delle pensioni. Con le mani cicciotte sottolinea il suo vissuto, con le sopracciglia richiama l’attenzione, con la forte risata sdrammatizza la vita intera, e lo scorrere incessante del tempo. Alza le sopracciglia e ride e racconta, e vorrei che continuasse, senza ascoltarlo, perchè ha la voce del nonno e l’educazione dei vecchi, e il sorriso di chi in gioventù i denti li aveva tutti e di guai ne combinava parecchi. E fa per uscire, ma sull’uscio si gira e aggiunge una cosa, e chiede scusa e fa per uscire, e poi si blocca e annuisce e riparte e così un paio di volte, e vorrei dirgli Kuku, e invitarlo a star dentro, perchè è bello, bello, Bello come chi s’attacca, senza pretese, alla vita così com’è.

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