Da qualche giorno penso a Israele.
Forse perché quest'anno è iniziato così e ancora non l'ho ben
capito, né l'anno né quel pezzo di mondo.
Era caldo e freddo insieme. Sia fuori
che dentro.
La cosa che turbava di più era quel
senso di controllo, dappertutto.
L'aver paura di fare la cosa sbagliata
o di fare la cosa qualunque al momento sbagliato.
Tanti militari, giovani, armatissimi.
Tanti controlli, dei documenti, della borsa, metal detector addosso,
spiegazioni, tantissime spiegazioni, ai militari, ai civili.
Israele è bellissima, almeno la parte
che ho visto io. Tel Aviv ha spiagge che tolgono il fiato, su cui
correre e camminare per giorni, ha onde alte, e tetti piatti, tante
antenne e localini.
Gerusalemme è intatta, è un labirinto
sotto e sopra, tra i cunicoli e i palazzi e le viuzze, e poi c'è la
spianata che è tra i posti più belli che ho visto. E ci sono
tramonti mozzafiato, e quella vegetazione bassa bassa e così
esotica, per me delle montagne, quella vegetazione che a sé fa già
vacanza.
E poi c'è l'accesso linguistico. Un
pezzo di Medio Oriente in cui si parla inglese senza difficoltà, in
cui si chiede e c'è risposta, almeno quando ci si perde, perché poi
se si chiede altro, se si scava, non si trova niente. Rigidità.
Io sono stata bene, a parte il senso un
po' claustrofobico di essere indagata, di avere addosso occhi che mi
guardavano come fossi colpevole di qualcosa, ecco è questa la
sensazione: in Israele ci si sente colpevoli del solo fatto di essere
lì. Comunque io coi sensi di colpa ci vivo da sempre e quindi per
certi versi era catartico nascondersi dietro a quelli in cui per
forza ero innocente.
Comunque, dicevo che sono stata bene,
ma poi mentre stavo per prendere il volo per tornare qualcosa ha
mosso le acque della vacanza e tutto il torbido in qualche modo è
risalito e a me è rimasta un pochino quell'immagine lì.
Siamo in aeroporto, appena entrate, il
nostro volo dopo una vita, ché dicono che bisogna arrivare tanto
prima, almeno tre ore.
Sulla porta una giovane ragazza, coda
alta, sottile. Non so dire se vestita mimetica o hostess. Guarda i
documenti, ci lascia entrare.
Lo spazio centrale è grande e vuoto,
non c'è coda, né gente. Veniamo divise.
Io vengo portata da una parte da un
ragazzetto coi capelli rossi e gli occhiali, c'avrà vent'anni, mi
sta vicinissimo con la faccia, non mi lascia poggiare gli occhi su
niente, li tiene incollati ai suoi. Parla inglese, mi chiede il mio
nome, ha il passaporto in mano, sara passeggini, dico, mi chiede di
togliermi gli occhiali e mi squadra, e gli occhiali non me li lascia
rimettere fino a che non mi dice che posso andare. Mi chiede quanti
anni ho, e io dico 34, mi chiede con chi sono qui, indico la mia
compagna di viaggio, mi chiede quante volte sono stata in Turchia,
gli dico un paio, forse tre, mi chiede quanto sono alta, rispondo,
cerco di scherzare senza successo, mi chiede cosa ho visto di bello
in Israele, rispondo le cose giuste ma resto sul vago, mi chiede
quando sono stata in Turchia, provo a ricordare, dico date sommarie,
mi chiede di che colore ho gli occhi, e mentre faccio per rispondere
mi chiede che ci facevo in Turchia, e io dico turismo, a trovare
un'amica che studiava lì, e lui mi chiede se mi sono divertita in
questa vacanza, e io vorrei rispondere sì fino adesso, o anche sì
se non foste così paranoici, o cose così, ma mi sa che non dico
niente. Sono spossata e non vedo bene, mi sento insultata dal suo
atteggiamento, atterrita. Mi pare di aver subito un'ingiustizia, non
ho fatto niente di male e mi sento trattata come una criminale.
Poi mi lascia andare, ci scorta al
controllo valigie, anche con la mia compagna di viaggio. Abbiamo solo
il bagaglio a mano. Scandagliano ogni cosa, tirano fuori tutto,
scorporano persino il burro cacao dal coperchio, guardano tra le
mutande sporche. Trovano anche quello che non si sapeva ci fosse, e
lo eliminano. Hanno strumenti strani e io sono molto confusa e
spossata. Tra l'altro la notte prima a Tel Aviv ho fatto tardi e
festeggiato e mi sono perduta nelle viuzze pronta a tutto. E tutta
quella gioia in un attimo è diventata fredda, lucida, feroce.
Ecco, tra le altre cose mi porto via
questa. Quel freddo lì.
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