martedì 6 dicembre 2016

coccodrillo

Volevo scrivere di due o tre cose in questi giorni, cose che premevano con urgenza, volevo scrivere del giusto cosmico e di quel sentimento di pena e affetto che a volte mi scopro a provare e del bellissimo film che ho visto e dello disgregarsi lento dell'autostima quando questa è sottoposta a continui piccoli attacchi velati.

Ma è accaduta una disgrazia e non riesco a pensare ad altro. È morto il falegname. È morto quella specie di nonno della via, è morto il mio vicino di casa di sempre (perché a dispetto di tutto la casa per me è quella). Mi pare di non sapere niente di lui, nonostante l'abbia incrociato milioni di volte per almeno vent'anni e una volta aspettavo l'autobus alla fermata in fondo alla via e lui m'ha dato un passaggio e guidava malissimo. So che fumava il sigaro, e lo teneva spento tra le dita della destra, che aveva una voce appassita, con quei timbri che si perdono nell'aria. Prendeva sempre i nostri pacchi e poi la sera suonava e al citofono diceva: “va che è arrivata una scatola”, oppure “ghelo to papà” o ancora “averzeme che meto dentro ...” i puntini stanno per l'attrezzo che di volta in volta si scambiavano, lui e il mio papà.
Pare un rapporto utilitaristico scritto così, eppure son qui che piango, perché era una di quelle certezze, di quelle cose stabili della vita, della via, come un albero, qualcosa che c'è, di cui si avverte la tanta presenza proprio nel momento dell'assenza. E poi aveva una storia d'amore. Anche qui non ne so molto, sono via dal villaggio e non seguo bene. Ma so che lui, vedovo, stava con una signora, sempre della via, vedova anche lei. La mattina passava a prenderla, questo lo ricordo perché facevo la corsetta e lo incrociavo che con la macchina accesa la aspettava sotto casa. E mi si stringe il cuore a pensare alla signora che ha perso un altro amore. E a quella rosa fresca, appoggiata per terra davanti alla bottega, stamattina.
Aveva i baffi, i capelli castani o già bianchi, con lo stesso taglio per trent'anni. Io l'ho visto sempre col camice blu da Geppetto. La porta della bottega da falegname di fianco al nostro portone sempre aperta. Aveva il suo parcheggio, come tutti noi della via, giochiamo a rubarcelo tipo gioco della sedia, perché c'è sempre qualche macchina in più, ma ognuno sa chi è di cosa, e lo è per vita, come un diritto acquisito dall'uso abituale.
Quell'albero sempreverde è stato investito, investito nel villaggio, di fronte al supermercato, di fronte a casa. Chissà cosa doveva comprare, chissà se ieri si è alzato e ha sentito qualcosa o se era un giorno come un altro.
Come mi spiace.

Nessun commento:

Archivio blog

unknown ID