Volevo scrivere di due o tre cose in
questi giorni, cose che premevano con urgenza, volevo scrivere del
giusto cosmico e di quel sentimento di pena e affetto che a volte mi
scopro a provare e del bellissimo film che ho visto e dello
disgregarsi lento dell'autostima quando questa è sottoposta a
continui piccoli attacchi velati.
Ma è accaduta una disgrazia e non
riesco a pensare ad altro. È morto il falegname. È morto quella
specie di nonno della via, è morto il mio vicino di casa di sempre
(perché a dispetto di tutto la casa per me è quella). Mi pare di
non sapere niente di lui, nonostante l'abbia incrociato milioni di
volte per almeno vent'anni e una volta aspettavo l'autobus alla
fermata in fondo alla via e lui m'ha dato un passaggio e guidava
malissimo. So che fumava il sigaro, e lo teneva spento tra le dita
della destra, che aveva una voce appassita, con quei timbri che si
perdono nell'aria. Prendeva sempre i nostri pacchi e poi la sera
suonava e al citofono diceva: “va che è arrivata una scatola”,
oppure “ghelo to papà” o ancora “averzeme che meto dentro ...”
i puntini stanno per l'attrezzo che di volta in volta si scambiavano,
lui e il mio papà.
Pare un rapporto utilitaristico scritto
così, eppure son qui che piango, perché era una di quelle certezze,
di quelle cose stabili della vita, della via, come un albero,
qualcosa che c'è, di cui si avverte la tanta presenza proprio nel
momento dell'assenza. E poi aveva una storia d'amore. Anche qui non
ne so molto, sono via dal villaggio e non seguo bene. Ma so che lui,
vedovo, stava con una signora, sempre della via, vedova anche lei. La
mattina passava a prenderla, questo lo ricordo perché facevo la
corsetta e lo incrociavo che con la macchina accesa la aspettava
sotto casa. E mi si stringe il cuore a pensare alla signora che ha
perso un altro amore. E a quella rosa fresca, appoggiata per terra
davanti alla bottega, stamattina.
Aveva i baffi, i capelli castani o già
bianchi, con lo stesso taglio per trent'anni. Io l'ho visto sempre
col camice blu da Geppetto. La porta della bottega da falegname di
fianco al nostro portone sempre aperta. Aveva il suo parcheggio, come
tutti noi della via, giochiamo a rubarcelo tipo gioco della sedia,
perché c'è sempre qualche macchina in più, ma ognuno sa chi è di
cosa, e lo è per vita, come un diritto acquisito dall'uso abituale.
Quell'albero sempreverde è stato
investito, investito nel villaggio, di fronte al supermercato, di
fronte a casa. Chissà cosa doveva comprare, chissà se ieri si è
alzato e ha sentito qualcosa o se era un giorno come un altro.
Come mi spiace.
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