Mi sarebbe piaciuto lavorare con
Goliarda. Rivedere il suo testo già così limato, e limarlo nacora,
insieme. C'immagino su un balcone, di lontano vediamo il mare, e il
vento acre -così come lo chiama lei tante volte- ci raggiunge ogni
sera. Rileggiamo ad alta voce, pagina dopo pagina. A volte alzo un
sopracciglio e le dico -qui, qui non ti sembra d'aver esagerato? E
lei: forse, ma per farsi capire bisogna rompere qualche vetro, e a
volte gridare dentro le case abbandonate. E allora io le risponderei
che è inutile che provi a convincermi così, con un'immagine creata
a tavolino, e che la sua è una scrittura che s'insinua, e da dentro
s'allarga, come certi proiettili speciali e che quindi è inutile che
mi proponga di tirar pietre sulle finestre, che non è il mestiere
suo. E ridiamo, leggiamo e ridiamo, perché a forza di starle a
fianco mi viene quasi da chiamarla figghia, e mettere i verbi alla
fine della frase, perchè la rileggo in Mody, o così mi piace
pensare. E immagino che l'abbia scritto volendola proprio così
Modesta, lavorando sodo per renderla così com'è, prendendo il presente e raccontandolo dal
passato, scegliendo una donna intelligente, umana, anche cattiva a
volte, all'inizio soprattutto, ma poi facendola diventare illuminata
grazie all'intelligenza e alla cultura. Una principessa siciliana che
vive il proprio corpo e gioca col proprio potere senza dimenticare
gli ideali importanti, un giusto e sbagliato mai dichiarati
immobili, ma sempre presenti.
-Goliarda, mettiamo un appiglio per il
lettore del nord!, che vuol dire scantasti? come lo può
capire. -Sara, non è che tutti devono capire tutto, se qualcuno non
sa chi è crispi non capisce un sacco di riferimenti, no?
-È sì, ma diverso è non conoscere,
non sapere, dal non capire, tu me lo insegni Goliarda, “perché
altro è capire altro è sapere”, guarda, me lo sono scritto sul
polso da tanto che mi piaceva.
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