martedì 4 giugno 2019

Cosa ci si aspetta da un vino rosso porpora di discreta consistenza?


Studio per l'esame da degustatore, e di colpo ho un'intuizione, un obiettivo: scardinare la divisione di vini tra rossi e bianchi (perché a occhi chiusi le certezze spariscono, e a volte anche gli stereotipi)

conversazione:

- cara S., mi annoi da anni per scardinare la separazione del mondo tra donne e uomini quando questo non è il criterio pertinente o migliore per separare i gruppi, adesso te ne salti fuori con l'idea di non separare i più i bianchi dai rossi... dove andremo a finire così?
  - È così, siamo a un punto, nel mondo del vino, in cui la separazione tra bianchi e rossi non ha gran senso, sì nella descrizione è bello dirlo e descrivere il bel colore, ma non si può basare tutta una scheda su quello. I bianchi vengono sempre più spesso vinificati in rosso, con ottimi risultati (penso a certe albana, penso al collio, a cose buone davvero, giuro), i rossi vengono da sempre vinificati anche in bianco (basti pensare ai vini spumanti, allo champagne). Eppure, qui nei miei libri di testo, studio cosa mi devo aspettare da un vino rosso porpora. Come se in un libro di economia domestica dovessi studiare cosa aspettarmi da una ragazza bionda. Mi aspetto un vino giovane, magari con sentori vinosi, di frutta scura e polposa, mi aspetto un tannino ancora graffiante, non levigato, mi aspetto magari un palato leggermente slegato o tutto spostato sulle durezze. Mi aspetto una giovane mediocre e frivola, con tanta voglia di vivere e un bel sorriso pieno, mi aspetto che sappia cucinare così così ma che lo faccia volentieri per l'uomo che ama (certo, mi aspetto che sia eterosessuale), mi aspetto che abbia in piano di sposarsi e fare un paio di figli, ma anche di lavorare part time, così da crescere la famiglia e alimentare il bilancio famigliare.

- Esageri sempre S., sei una gira-frittate, adesso ci tiri fuori le solite menate femministe, che poi cosa c'entra col vino, stai preparando un esame, è utile avere dei profili in cui inquadrare il vino per capirlo.
 - Sì, è utile. E sono una gira-frittate, è vero. Eppure faccio così fatica a incanalare una materia viva come il vino in certi profili. A cercare quello che devo aspettarmi, mi pare di togliermi metà del piacere.

- Lo capisco, ma quello che stai per affrontare è un esame, studi come si deve, poi rimescoli tutto, ma un gradino più in su.
 - Immagino di sì. In questi giorni ci stiamo trovando ogni tanto a degustare, ma la prima degustazione in piedi davanti ai colleghi la ricordo bene. Ricordo che nella descrizione visiva ho detto: “è un vino giallo dorato, il colore è vivace e la luminosità è bella, presenta una splendida nuance ottone”. Era proprio ottone, il pomo di una porta che portava nel vino, mi bastava girare il pomello e chissà cosa c'era dietro. Ma sono stata corretta, mai dire ottone, perché?, è proprio ottone, guarda. Sì lo vedo, ma ottone non è uno dei nostri termini, doratoluminosovivace è abbastanza. E così la porta è rimasta chiusa.

- Eccola qua la romanziera!
- Dai, non prendermi in giro, è che mi piace pensare che alla fine raccontare un vino sia raccontare poesia. Gli stereotipi sono utili e rassicuranti con quello che non conosciamo, non con quello che abbiamo di fronte ogni giorno, in quest'ultimo caso son prigioni, in quest'ultimo caso sono le persone che mi chiedono quando mi sposo o perché non ho ancora fatto figli, sono dieci persone che annusano con un vino con l'unico scopo di sentire esattamente la stessa cosa.

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