La piccolezza dev'essere un tratto
distintivo dei vicini di casa.
La prima volta che ho visto Ezio ero
una ragazzetta e facevo l'animatrice in un campeggio estivo, quelli
della parrocchia. Era un bambino sfigato, montagnino, molta
tenerezza. I denti storti, paffuto, quella voce un po' roca come
avesse sempre giù la voce, le lentiggini di quel bambino sulla
copertina delle ceneri di Angela, o di nel sonno non siamo profughi,
i capelli corti tagliati un po' a caso, le guance un po' sporche di
terra, bassetto. Molta tenerezza. Ricordo che gli piacevo, veniva a
cercarmi, giocavamo. Ricordo poco, ché poi nella testa non l'ho più
ripassata quell'estate lì, è perduta. Poi l'ho dimenticato. Sapevo
che era il figlio del Nelo, e che bene o male condividevamo (le
famiglie, sia chiaro) una parte di strada delle nostre seconde case,
in montagna. Che fosse figlio del Nelo e che avesse a che fare con la
montagna però non l'ho mai capito bene, perché son cose che non
gestisco. Di Ezio ho risentito parlare l'anno scorso, o forse due
anni fa, di sfuggita. La mamma diceva che è uguale a suo padre e si
è sposato. Ho provato una sorta di tenerezza per un istante, quel
bambino sfigato che mi prendeva per mano e correva nel prato si era
sposato. Poi sono tornata alla mia vita.
Ieri l'ho incontrato e sono rimasta
affranta.
Primo giorno dell'anno, montagna, neve
dappertutto, neve su tutti i rami, sulla strada, sulle poche foglie
rimaste, sulla macchina, su di noi, visto che nevicava tanto e bene,
così bene che ho pensato: guarda, in un paio d'ore la neve ha già
cancellato le nostre impronte, si riparte, è il nuovo anno.
Ho portato la pala su per la strada,
per spalare un po' intorno alla macchina, nel caso in cui avessimo
dovuto mettere le catene, nel tragitto con la pala ho fatto strisce
nel terreno, e spinto giù la neve dagli alberi, quasi a rimpinzare
con i rami catapulta quella che mi scendeva in testa. Alla macchina
abbiamo un po' spalato, poi messo le catene, poi provato a fare in
retro il breve tratto di salita. E lì, incredula, ho visto l'Ezio,
meglio, ho visto la sua versione vecchia e incarognita. Era insieme
al padre dal ghigno sempreverde. Hanno fermato la macchina, guardato
con sufficienza, gridato cose incomprensibili, insulti, rimproveri.
Violentemente. Che maleducazione, che sfiducia, che ignoranza, che
grande tristezza. Non potevo crederci.
Quel bambino era diventato quella
brutta copia di suo padre che avevo davanti agli occhi. A vent'anni
già irrancorito da una macchina secondo lui parcheggiata nel modo
sbagliato, dalla neve spalata nel modo sbagliato, o magari dal dramma
di condividere un pezzo di strada con qualcuno. O forse solamente da
qualcuno di diverso, che sta bene. Che desolazione ho provato nel
vederlo passare già vecchio e arrabbiato il primo giorno dell'anno,
di mattina. Piccolo stolto Ezio, perché non fai l'amore il primo
dell'anno, perché non una passeggiata? Perché sei diventato
quell'infelice di tuo padre e con lui gridi contro alle persone?
In tutte le corse fatte da allora ci ho
pensato. All'insensatezza di quella ferocia, a quella rabbia che non
cercava altro che qualcuno su cui sfogarsi, alla maleducazione del
gridare al posto che del parlare. Perché sei così infelice? Che è
successo? Ho rimpianto di non averti fermato quando mi sei passato
davanti e averti detto: Ehi, Ezio, ti ricordi di me? O anche, mentre
dall'alto della salita sputavi rancore: Ezio, calmo, risolviamo
tutto, non è successo niente.
Ma lì per lì, guardandolo, ero
insieme incredula e accecata. Gli ho tagliato la gola col badile, ho
spaccato i denti di quel ghigno del cazzo sul grugno del vecchio, gli
ho fatto implorare perdono per la sua maleducazione, l'ho stecchito
con la forza delle parole, probabilmente reiterando il bullismo che
deve aver subito per ridursi così. L'ho schiacciato con il mio
sguardo, lui e la sua meschinità. Come fosse un insetto schifoso.
L'ho minacciato. Ho minacciato la sua famiglia. Gli ho detto: aspetta
solo che incontri tuo figlio, e prega. L'ho insultato, gli ho
riempito il culo di neve finché non ha capito di essere stato un
maleducato.
Invece ho solo detto: non serve
gridare, se ho fatto qualcosa di sbagliato scusate, e buon anno anche
a voi.
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