mercoledì 3 luglio 2013

appunti su Mutterseele

Lavoro a un libro bello in questo periodo (spesso, ma questo di più). Ne sto facendo la seconda rilettura e me lo sto godendo, pulite le cose più grandi questa è la parte che preferisco, perché il libro lo conosco già e ci ho già messo le mani, e qui, a questo punto:
ancora non mi ha stufata + posso cogliere meglio alcune cose appena intraviste + posso scoprire nuove cose + posso fare un bagno nella lingua, ché ormai sento come parlano le persone (in questo caso la, una donna).
E questo libro, in questa seconda lettura, mi sembra un testamento. Alla prima lettura mi sembrava un monologo interiore, ora mi sembra di coglierne i grandi temi, le somme, se così si può dire.
Un lascito. Un lascito spigoloso e realista, disincantato e tremendamente d'avanguardia perché fuori tempo.


L’ho vista subito, la prima ruga, è comparsa di colpo, da un giorno all’altro, e non ho fatto neanche in tempo ad abituarmici che ne è comparsa un’altra, e poi le successive mi hanno scavato il viso sempre più in profondità, e le ciglia hanno cominciato a cadermi, e gli occhi a impallidire, e il bianco dell’occhio si è fatto giallo, e sul petto sono spuntati dei peli e sopra il labbro superiore dei baffetti, al punto che non sapevo più se ero un uomo o una donna.
Una volta comunque si invecchiava prima rispetto a oggi, a trent’anni la vita era praticamente finita. E nessuno ti guardava più come donna. E quando non si ha più nessuno per cui essere bella si perde la voglia di esserlo anche per se stessi, o di essere grassi o magri, e quando arrivano le rughe prima si assiste al loro espandersi sul viso, da principio sottili sottili come una ragnatela delicata, e poi al loro incidere la pelle più in profondità, sempre più in profondità, e d’un tratto ci si vede come un fossile e ci si spaventa a guardarsi allo specchio, ma non si cede, perché si vuole ancora qualcosa in cambio di tutto il lavoro fatto, e si vorrebbe stare a guardare il più a lungo possibile i risultati di quello che si è stati in grado di fare e di produrre. Quando si è giovani ci si chiede perché i vecchi rimangano così attaccati alla loro misera vita, e si pensa che prima o poi debba arrivare il giorno in cui se ne ha abbastanza e non si ha più voglia di andare avanti, sì, proprio così, perché si è avuto tutto dalla vita oppure perché si è abbastanza saggi da sapere che quello che si è tanto desiderato non arriverà più; eppure si impara a farsene una ragione, anzi si impara a farsi una ragione di tutto, e a sorprendersi che la notte la schiena faccia più male del dolore per il figlio morto.

Nessun commento:

Archivio blog

unknown ID