Il tempo un bastardo è un romanzo che
ha per protagonista il tempo, e le vite. Il trascorrere degli anni,
gli intrecci e le spaccature. Bambini che crescono e giovani che
invecchiano, e grattacieli che salgono o si consumano. È un romanzo
bello, che non vuole, né prova, a dire tutto, che si concede di
aprire parenesi graffe quadre e tonde, e chiudere parentesi e ogni
tanto lasciarne qualcuna aperta. Eppure è bello, e becca tante cose,
tanti stati d'animo, e momenti di ognuno, e a volte, soprattutto con
persone secondarie, ha la capacità di inquadrare l'esistenza e
narrarcela tutta da quell'istante alla fine. E quando il libro
termina si ha la sensazione di non avere risposte, né fatti, ma
qualcosa d'impalpabile che non si riesce a cogliere fino in fondo.
Come il tempo appunto, come la vita.
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Oggi ho immaginato di passeggiare con
A. già un po' più grande. Per la strada diceva o combinava qualcosa
che incuriosiva un passante. Questo le diceva: “devi dire alla tua
mamma che...”, io guardavo A le dicevo: “glielo dico io o glielo
dici tu?”. Ed eravamo serene, divertite e complici nel dichiararci
non madre non figlia.
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