Sera che si fa notte, il solito locale
amato, un compleanno importante appena sfumato tra l'ieri e il
domani. Decidiamo di “bere l'ultima cosa”, magari assaggiamo il
Pinot grigio di Paraschos, apro la bella bottiglia col gioco di
parole pi greco not, annuso il tappo, me ne verso un sorso, naso nel
bicchiere e occhi che amareggiati si chiudono, sa di tappo. C va in
cantina e prende un gewürztraminer di Patrick Uccelli, Alto Adige.
Il gewurtz non è tanto nelle nostre corde, saltiamo sempre piè pari
gli aromatici, ma è notte inoltrata, è l'ultima cosa, può starci.
Apro la bottiglia, annuso il tappo che sa di buono, ne verso un sorso
nel calice e ci infilo il naso, è a posto, ancora chiuso e già
promettente; lo verso agli altri, brindiamo, due cose sull'orto
botanico che abbiamo nel bicchiere e poi partiamo a parlare di vita,
di noi, di D che sta bene, di I che rinuncia senza neanche ammetterlo
buttando sugli altri la sua rinuncia, di E che non ne combina una
giusta, di me che nel flusso delle cose non tengo nota del tempo che
passa, di M che non riesce a innamorarsi o ad aprirsi, o forse sì ma
delle persone sbagliate. E tra una considerazione e l'altra infiliamo
il naso nel bicchiere e ogni tanto diciamo: certo che ha un naso
bellissimo, io al posto che berlo me lo spruzzerei addosso, sì, c'è
tanto bergamotto senti qua, e poi il bicchiere cambia e si apre, ma
non si siede mai, i sorsi sono piccoli e la bottiglia scende
lentissima perché “è un vino difficile”, noi, tre generosi
bevitori, facciamo fatica a ingoiare l'ambra verticale, soprattutto
annusiamo i campi di notte, un tuffo in una distesa di foglie di
citronella, nella mentuccia, nel gelsomino, nel legno di cedro, ci
rotoliamo nelle parole e nei profumi di quella notte infinita, in
quel bicchiere che cambia la percezione dello spazio e
inevitabilmente rallenta lo scorrere del tempo. Sorso dopo sorso,
confronto dopo confronto, ogni tanto C va in cucina, prende del
sushi, lo mangiamo con le mani. Parliamo di vini assaggiati, di cibi,
di pane, sogniamo del nostro viaggio estivo, delle tappe da fare,
delle cantine da vedere, di dove mangiare, di metterci un trekking in
mezzo e un pezzo di mare. Beviamo un sorso, un altro brindisi,
parliamo d'amore, parliamo sempre d'amore, amore per le persone, per
una persona, per ciò che facciamo, fantastichiamo persino sul signor
Patrick, ci chiediamo come mai abbia fatto un vino così difficile,
cosa voglia dirci, con questo vino. Parliamo di urgenza espressiva,
di necessità economica, di arte e censo, ormai il vino per noi è
come l'arte, come i libri, come la musica classica, mondi pieni di
analogie, anche se il vino poi è anche divertente. Rovesciamo nei
calici l'ultima lacrima di bottiglia, ultimo brindisi, l'ora è
indecente e ormai questo gewurtz ci piace, ormai abbiamo imparato a
conoscerlo, noi e il vino siamo rilassati e l'ultimo sorso è il più
bello. Ci abbracciamo stretti l'un l'altro e andiamo verso casa, con
le idee confuse e pieni d'amore, e a me pare d'essere stata in
vacanza, una vacanza in montagna, prati alla Heidi, di essermi
rotolata nei fiori, aver assaggiato tisane amare, aver passeggiato
tra le piante appena tagliate, di aver sfregato le mani tra le erbe e
poi essermele annusate.
Circondata dalle rappresentazioni, dalle narrazioni. Provo a interpretare, a leggere il mondo. Cerco brandelli di realtà, poi rinuncio, poi capisco; e senza pretese m'immergo nello scambio.
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