mercoledì 26 febbraio 2014

La vita di Adele

da molto tempo non mi capitava di essere in totale disaccordo coi critici cinematografici.
non m'intendo di cinema, la premessa; ma mi piacciono le storie d formazione. mi piacciono le persone che crescono e fanno delle esperienze e mi piace spiare come crescono e come accolgono la vita, e come la vita educhi e diseduchi, e tormenti e regali.
La vita di adele però non mi è piaciuto, soprattutto dalla prima scena di sesso lesbo in poi. ma forse anche prima. proprio come scelte registiche non mi è piaciuto, nonostante sia una storia di formazione.
Mi pare che il regista tenda a indugiare sui difetti, sui dettagli del corpo vivo.
tante persone che mangiano e parlano, e parlano e intanto un pezzo di cipolla esce dalla bocca e si poggia sul labbro, e un dito pulisce qualcosa tra i denti, e il contorno delle labbra s'arrossa per il sugo, e il kebab si spreme nelle mani. realtà? sì, ma una realtà che l'educazione e il senso del ribrezzo m'invitano a girarmi dall'altra parte o a passare un tovagliolo, non a guardare con insistenza, con primi piani giganti a riempire tutto lo schermo. Così vicino che si vedono solo i difetti, quella bocca di ragazzina che non si chiude mai (!), quei capelli un po' unti.
e poi sta prima scena di sesso di sei o sette minuti, lunghissima, noiosetta, forzata addirittura.
La storia è normale, per questo ci si chiede perché duri tre ore. La storia di una ragazzina che scopre la propria omosessualità (o forse bi-) e si lega a una compagna più grande, più colta, più inquieta. E così l'amore finisce, e rimane una passione che non può essere più soddisfatta.

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