Sono in competizione con me stessa, e
anche quando vinco perdo. Un parte di s vuole fare le cose, avere
riconoscimenti, studiare e correre e lavorare e prendere treni e
essere bella e brillante. L'altra parte vuole camminare e pensare,
guardare film e ammazzarsi di serie, leggere e vedere quelle tre
perone a cui vuole maledettamente bene e sentire i muscoli della
pancia che si rilassano, e che la vita è un'altra cosa, e non una
corsa contro il tempo per raggiungere obiettivi così esterni, e
discutibili. E così quando una riesce l'altra si sente sconfitta.
Quando l'obiettivo viene costosamente raggiunto la parte
introspettiva lamenta di aver accantonato le cose davvero importanti,
di aver spostato il baricentro nella società, e quando invece lascio
spazio al dolore e al pensiero, la parte laboriosa punzecchia
l'immobilità, l'incapacità di portare a termine le cose... -
schizofrenica in una competizione autodistruttiva.
Circondata dalle rappresentazioni, dalle narrazioni. Provo a interpretare, a leggere il mondo. Cerco brandelli di realtà, poi rinuncio, poi capisco; e senza pretese m'immergo nello scambio.
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