mercoledì 18 febbraio 2015

Giorni pieni

Trieste senza vento e poi di notte Trieste col vento.
E il mare placido e azzurro, visto solo due volte, una di sfuggita, l'altra scrutato ben bene. E infatto c'era una barca, in fondo in fondo, come dei disegni delle elementari.
E il caffé dai soffitti alti e i tavolini piccoli piccoli, dalle tante persone ormai care, dai vini sempre pronti.
Trieste a carnevale, troppe maschere, troppo adulte, più di mille centouno.

E la notte vagabondi nelle vie pulite, spazzate; il cappotto stretto stretto al bavero, lo sguardo basso, il passo veloce alla ricerca di un riparo anche se non piove. Risate ad alta voce. Un gruppo di individui per una sera gruppo, o per due sere. E i locali già incontrati. E i bicchieri presto vuoti. E a volte rovesciati. E discorsi adulti, stranamente adulti, e scherzosi. E troppe sigarette. E rientrare in albergo e parlare degli uomini della storia e del passato, che di colpo sembrano a portata di mano. E scorre belvedere con ghiaccio. A Bobbi! Nazdrowie! Zivili! (cappellino sulla zeta necessario). E la porta girevole che non si blocca. E la stanza piena di interrogativi, e il sonno che resta un bisogno insoddisfatto tra le lenzuola di seta.
E poi il giorno, la sveglia azittita, il caffé, la corsa coi jeans, il pesce, gli incontri, tanti sguardi, i vini, i saluti.

martedì 17 febbraio 2015

:) Brecht, magnifico

... 
 
In me si combattono
L'entusiasmo per il melo in fiore
E il terrore per i discorsi dell'imbianchino.
Ma solo il secondo
Mi spinge alla scrivania.
 
(da: Brutti tempi per la poesia) 

giovedì 12 febbraio 2015

Giorni lenti

Giorni lenti questi, scanditi dal dolore, dal collirio, dall'antidolorifico.
Giorni dominati dal corpo. Giorni in cui la luce è una lama.
Giorni strani, tanti pensieri, qualche lettura, qualche corsa prima di pranzo.
E una parte bella del nuovo libro:

Se ne stavano seduti al tavolo di legno e all’ombra dell’eucalipto, discutevano come fosse una questione di vita o di morte, bevevano la limonata fatta da Marta. Per prendere fuoco, Brecht aveva bisogno di obiezioni, di dubbi e di contrasti. Per sbloccare le sue sfavillanti trovate, la sua arguzia, il suo cinismo e la sua sfrontatezza, edificava sulle solide fondamenta costituite dalle cognizioni
di Feuchtwanger, dal suo realismo, dalla sua logica, dalla sua sensibilità per la costruzione, la drammaturgia e la psicologia.
«Lei è il mio unico maestro, dottore» disse una volta Brecht, e poiché ebbe probabilmente il timore di aver fatto un complimento troppo grossolano, si affrettò ad aggiungere: «Perché è l’unico in grado di spiegarmi quali regole sto trasgredendo».

(Modick, Sunset)

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