lunedì 31 maggio 2010

Brixx


Estetica:

ogni caramella ha la forma di un mattoncino, c’è un rivestimento esterno frizzantino e acidognolo e un riempimento interno diviso in sei minuscole parti che ricorda il marshmallow (non consiglio comunque di smembrare la caramella perché il gusto è migliore nell’insieme e il lavoro per dividere interno ed esterno non è cosa da poco). I colori dei mattoncini sono: rosso (fragola o lampone impossibile capirlo), giallo (limone, è il più acido), verde (pera! Ecco la novità), marrone (coca cola, molto simile alle coca cola rivestite di zucchero acidognolo). Le gommose sono carine.

Gusto:

il gusto varia a seconda del colore (elemento che apprezzo sempre), forse verde e giallo sono troppo acidi fanno “tirare” la bocca nella parte anteriore oltre a far quasi venire le lacrime agli occhi, a molte persone credo però che questo possa piacere. La vera sorpresa è il gusto pera, ottimo. Anche il rosso ne esce vincente. Il retrogusto è piacevole e ricorda qualcosa che non ho ancora visualizzato, è comunque un retrogusto conosciuto, familiare.

Densità:

piacevole, il leggero contrasto interno esterno invita e bilancia un gusto che sarebbe altrimenti troppo acido o troppo dolce. La caramella è molto morbida, si attacca ai denti senza troppi fastidi e si fa mordere velocemente.

Voto: 6,5 quasi 7 (per arrivare al sette toglierei il gusto Coca cola dal pacchetto!)

martedì 25 maggio 2010

Crazy Schnuller




Ciucci pazzi” noto con curiosità che il nome è per metà in tedesco e per metà in inglese; questo tipo di caramella non è presente sul mercato italiano.

Estetica:
le caramelle di media misura, hanno la forma dei tipici ciucci, la caratteristica che li rende pazzerelli è il colore, anzi, l’accostamento dei colori e dei sapori. Partiamo dai colori, all’interno del pacchetto troviamo i seguenti accostamenti: ogni ciuccio è composto da una parte nera al sapore di sciroppo di liquirizia e dall’altra parte color giallo, arancio (quasi marroncino), rosso. A vedersi non è spiacevole, ci si fa facilmente l’abitudine.
Gusto:
anche al gusto particolare si fa l’abitudine, ma non per questo sarò magnanime. L’accostamento dei gusti è terribile, la liquirizia si mischia al sapore di fragola o arancia (il limone scompare del tutto), rovinando così il sapore del colore e anche quello della liquirizia.
Densità:
densità ottima, plasticosa quanto basta per appiccicarsi a denti e lasciarsi staccare facilmente dalla lingua.
Voto: 4 –il sapore determina la grave insufficienza, questa gommosa è per soli masochisti.

desidero protestare per il sito della Haribo italia, è povero, non aggiornato, spoglio e lasciato a se stesso. Non è per nulla rispettoso nei confronti degli amanti di madrelingua italiana.

lunedì 24 maggio 2010

Dersim - Berlin (ovvero Karneval der Kulturen)


Assisto a qualcosa di bello. Una musica travolgente, dersim. Persone travolgenti, dersim. Tutti con lo stesso ritmo, tutti in cerchio. Un’esperienza preziosa nel qui ed ora berlinese. Occhi scuri, lucidi, a circondarmi, e pelle un po’ scure ma non troppo a sottolineare diversità, e musicisti instancabili che sembrano donare non solo tempo, energie, forza e ritmi, ma anche una parte profonda di loro stessi, sembrano condividere con onestà una ricchezza comune. Sudore, vestiti, veli. Il cerchio gira in senso antiorario per lo più, è concentrico, a tratti, quando proprio tutti si tengono per mano, diventa una spirale. C’è odore di grasso che cola, di fumo nell’aria, di sigarette non spente. Ecco, le mani si alzano, due dita trionfano, le braccia si alternano e senza determinazione provano a toccare il cielo, c’è qualcosa di strano dipinto sui volti, somiglia alla gioia. La canzone non finisce più e una parte di me ci si attacca, è una musica che fa tamburellare il piede, ondeggiare il bacino, piccionare la testa – l’audio è rovinato, le zeppe femminili sono alte, i colletti maschili ben ordinati e primi bottoni iniziano a slacciarsi, perché il respiro inizia ad affannarsi, perché il sudore inizia a scivolare. Le spalle sono ritmiche, ed è un ritmo diverso, che io riesco solo a percepire, non a riprodurre.
Nei miei appunti scrivo: mai vista tanta coesione nazionale – mi chiedo ora se non sia meglio sostituire la parola nazionale con culturale. E mi rispondo che probabilmente è giusto farlo visto che i turchi (?) che vedo qui sono tedeschi.
La musica accelera, travolge, la balera si riempie fino a scottare. Tutti si tengono per mano, conoscono la danza, qualche bionda in tacchi alti, là in mezzo, un po’ a stonare un po’ a mischiare le carte. Il trucco scende, il ritmo sale, e si cerca il respiro fuori dal cerchio, qualche scialle vola, ondeggiato a spirale dal chiudifila o forse dall’aprifila, qualche scialle invece rimane a coprire i capelli, ad evidenziare gli occhi neri, a sottolineare lineamenti severi. La folla che protegge il cerchio pulsante ringrazia con lo sguardo, ondeggia e sorride, sorpresa e rapita dalla bellezza che vede, dall’energia che c’è in gioco.


Di colpo mi sembra di capire cosa significhi far parte di un popolo, e mi rammarico di non far parte così visceralmente di nessun popolo. Non posseggo qualcosa di così, non la voglia di stare con gli altri, né una musica popolare tanto potente e ritmica, né l’attaccamento o forse è giusto dire l’appartenenza. Me ne rammarico e cerco di guardare con lucidità a questa catena, cerco di spiare gli occhi della giovane ragazza col fratello geloso, imprigionata da una catena culturale che limita la sua libertà e forse anche il suo valore, e la stessa ragazza che si copre con un velo fuxia e trucca come io non potrei mai e ha zeppe alte tanto da far impallidire, e la stessa ragazza che salta e balla con un’energia pazzesca la sua musica. E lo fa così, sulla balera, tenendo per mano i suoi fratelli di cultura, sparpagliando energie pazzesche, calamita per gli occhi azzurri.
E mi sembra di capire che all’interno del proprio recinto ognuno prova a ricavarsi un margine di libertà, soprattutto se questo ognuno è donna – ma questa forse è un’altra storia.

sabato 22 maggio 2010

Gummmmmmy Addiction

Stavo comprando dell’acqua, il mio sguardo come al solito si è girato verso le caramelle gommose (materia verso cui nutro un’autentica passione) e ho visto un cartello rosso che segnava: “Aktion!”- ho sorriso e usato la carta di credito.

Ho comprato moltissimi tipi di caramelle gommose, perché qui, in Germania, ci sono forme e qualità che in Trentino sono difficili da reperire. Per attenuare i sensi di colpa che hanno seguito l’acquisto eccessivo, incontrollato (e probabilmente compulsivo) ho deciso di fare una sorta di recensione di caramelle, di costruire lentamente un database personale. Proverò a farlo nel modo più rigoroso possibile, non ho certificati che possano supportare le mie qualifiche, ma ho testimoni oculari sparsi nel mondo che potranno facilmente sottoscrivere quanto questa passione sia costante, longeva e determinante nella mia formazione di persona.

ultima considerazione è quella della marca, queste prime recensioni saranno probabilmente incentrate sulla Haribo in quanto l’Aktion riguardava sono quella marca, ma non nutro preferenze a riguardo

PICO-BALLA


Estetica:
le caramelle sono piccole, come fettine di un cilindro dal diametro di poco meno di un centimetro.
Ogni caramellina è composta da tre parti: una “pelle” di colore giallo o rosso o verde o arancio (non l'azzurro che invece compare sul pacchetto) e due metà interne caratterizzate da un accostamento di colori vivace: arancio-azzurro o giallo-rosa.
Gusto:
sono molto dolci e direi quasi entusiasmanti, nonostante la forma non inviti ammetto che il sapore è sorprendente, è quel tipo di caramella a cui è difficile dire basta. Nella tabella energetica noto la presenza di grassi a 4.3 grammi ogni 100, questo è insolito infatti solo nelle gommose allo yogurt c’è la presenza di grassi, per tutte le altre si tratta di una presenza simbolica. Purtroppo tutti i colori hanno lo stesso sapore, quindi prendere la caramellina coperta di verde o rosso fa lo stesso effetto.
Densità:
densità media, sono caramelle morbide e piccole, la parte che ricopre (e che sopra abbiamo chiamato pelle) ha una densità leggermente più plasticosa dell’interno ed è secondo me la parte più buona.
Voto: 7, la forma e l’uniformità del sapore hanno penalizzato quella che altrimenti sarebbe stata un’autentica sorpresa.

venerdì 14 maggio 2010

Die Brücke


M13, attraversiamo lenti il ponte.
Siamo su un ponte, fuori geometrie di ferro, infrastrutture ovunque, a insacchettare, insaccare, foderare il tram. Alla fermata prima della discesa la vedo salire, si siede due posti davanti a me, sulla destra. Ha un cappotto lungo fino ai piedi, è color beige, piccole scarpe nere con laccetto sulla caviglia, invisibile tacco. I capelli grigi sembrano castani e sono raccolti in un sottile chignon, è truccata. È molto truccata, trucco ovunque ma non troppo, non volgare, trucco dappertutto, sulle gote, sulle labbra, sugli occhi un’ombra scura, una linea antica, trucco nei capelli, sulle unghie… trucco così dappertutto che anche se non c’è si vede un boa di struzzo bordeaux che le circonda il collo, e il beige del cappotto si trasforma in paillettes, il suo sguardo si assottiglia lento e mostra un profilo lussuoso, i tacchi s’innalzano e brillano sulle punte, la borsa rimpicciolisce e contiene ora solo sigarette, il suo profumo di colonia colonizza il vagone.
Si soffia il naso e si rompe l’incantesimo, il fazzoletto bianco non è più ricamato, ma giace raggomitolato tra le mani, tra le rughe, e penso: dev’essere terribile vedersi invecchiare quando si è belli. Non vedo il suo volto, solo minute mani di macchie - di screpolature - di pelle di troppo, il vestito torna cappotto, il boa diventa fazzoletto, i tacchi s’abbassano; il profilo rimane quello, ma gli occhi, adesso, sembrano solo nera pupilla.

mercoledì 12 maggio 2010

Dentro e Fuori (prima parte)

Stato in luogo fuori - Moto In luogo dentro.
Credo fosse in un racconto di Banana Yoshimoto, impossibile ricordare quale, sono tutti simili. Credo fosse però in un suo racconto che qualcuno, a casa propria, un giovane ragazzo son quasi certa, al secondo piano di un palazzo, cucinava ravioli precotti.
Mi viene in mente perché sono lì, o forse sarebbe meglio dire che è qui, che siamo qui, io e il palazzo perlomeno.
Il palazzone verticale, con l’insegna al secondo piano.
Impossibile vedere se la luce della stanza sia spenta o accesa, è ancora giorno_l’insegna però è spenta. Anche ieri era spenta, ma ieri era notte quando sono passata.
Forse di tutto il racconto è rimasta solo l’insegna spenta.
Forse il racconto non era ora bensì anni fa.
Forse si trattava di un altro palazzo, addirittura di un altro mondo, chissà.

venerdì 7 maggio 2010

Kein Flug

seine Augen überall haben
4
Sono ovunque, sono quello che (soprav)vive di tutto quello che sogniamo. Sguardi.
Occhi interrogativi,che cercano, chiedono, guardano, esplorano, spogliano, indagano.
Occhi sottili, che accarezzano, sorridono, invitano, giocano, dicono, che appena s’appoggiano.
Occhi impertinenti, che schiaffeggiano, insultano, penetrano, colpiscono, fulminano, vogliono.
Si scambiano sguardi, continuamente, frecce variopinte e triangoli ormai esagoni-cerchi-sfere-?.
Ci sono sguardi irripetibili nelle metropoli, il senso di un qualcosa di cui godere all’istante, perché poi svolta l’angolo. Ci sono sguardi che si permettono tutto perché mai più toccheranno lì.
Tutti gli occhi cercano un contatto di un secondo in più, l’arricciarsi del baffo sinistro, quasi a sorridere.
- occhi negli occhi – occhi sugli occhi – occhi contro occhi – occhi verso occhi – occhi da occhi –
A volte un sopraciglio impigliato, un pezzo di cappuccio sceso troppo in basso, un po’ di barba dimenticata, un neo birichino, un brufolo sulla fronte, una montatura sottile.

martedì 4 maggio 2010

Kein Flug

Le emozioni in corpo
3.
Ammalata. E quando sono ammalata piango. Forse è una difesa, un’involontaria richiesta d’aiuto al resto del mondo. Ma non è di questo che voglio parlare. Desidero suggerire una riflessione sull’interazione corpo-mente. Anzi no, desidero salvare una conversazione di oggi, soprattutto in inglese, qualche parola in italiano, qualcuna in tedesco. Proverò ad essere fedele, proverò a togliere il vento freddo che l’ha forse suggerita, e proverò a togliere la meraviglia che tingeva gli occhi d’un azzurro mai avuto, con il cielo immenso a stagliarsi dietro cattedrali-sinagoghe-ambasciate-musei.
-(sguardo di richiesta d’aiuto involontaria) mi vien da piangere, scusami, sarò ammalata. Non è colpa tua, giuro, è che è così… a volte basta guardare il tg, o leggere un giornale, o un libro… e si piange. Ogni piccola cosa sembra diventare grande, importante, impertinente.
-(sguardo di comprensione e di apprensione) credo di capire, forse. Un giorno il mio occhio versava dell’acqua, così, non piangevo, semplicemente l’occhio lacrimava. E ho capito che sarebbe risultato facile piangere, che forse ne avevo voglia, o bisogno, come se il corpo fosse pronto a ricevere quell’emozione.

lunedì 3 maggio 2010

Kein Flug

Andando a scuola
2.
Oggi un uomo guardava dalla finestra di un palazzone rosso, sotto di lui una signora con un bambino in mano entrava nel panificio, nell’autobus sentivo parlare di tasse sulla casa da una coppia di giovani sposi, e al mio fianco, la signoruzza che mi ospita scivolava tra le mie braccia all’ennesima brusca frenata, proprio mentre quel disattento d’un giovane ritardatario attraversava la grande strada maestra nonostante il rosso pedonale ben in vista.

domenica 2 maggio 2010

Kein Flug


Nessun annullamento della distanza spaziale, stavolta. Dodici ore in treno.
1
In treno, la giornata scorre dal finestrino, nel suo grigio, nel suo verde, nella sua pioggia a starnuto_.
Finestrini grandi, non come quella volta che. Montagne alte, verdi e azzurre, non come_.
Scorre lieve, e le strade affiancano i binari, e le vigne abbracciano ogni cosa e l’Adige scorre suo corso, come ognuno di noi, in fondo.
È domenica ma sembra un non giorno. È sabato. È lunedì. È il giorno della partenza, il giono della vite, un maggio che oggi nasce ottobre nel segno della pioggia-un settembre che muore nell’amplesso con aprile.
Inizia un viaggio senza tempo – micro e macro si fondono nelle consapevolezze nuove che proverò a raggiungere – giusto e sbagliato dormono in letargo aspettando il ritorno.
Ecco! Le montagne allontanandosi si sono fatte azzurre, la strada che affiancava si è interrotta, le viti si sono trasformate in grappoli di case, di cose.
Scorre il treno e anch’io scorro, e anch’io.

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